Home ATTUALITÀ Quirinale, partita Draghi-Berlusconi? Cosa dicono i sondaggisti

    Quirinale, partita Draghi-Berlusconi? Cosa dicono i sondaggisti

    Elezioni per il prossimo presidente della Repubblica, conto alla rovescia per il voto sul nuovo inquilino del Quirinale. Ma quali sono gli scenari possibili, ed è davvero una partita fra Draghi e Berlusconi? A rispondere all’Adnkronos sono i sondaggisti Fabrizio Masia, Nicola Piepoli e Renato Mannheimer. 

    MASIA – “La mia personale scommessa è che il prossimo presidente della Repubblica o sarà Draghi o ci sarà un candidato espressione del centrodestra, quindi una forzatura verso Berlusconi, che avrebbe anche una logica politica. Oppure una donna”, spiega all’AdnKronos il sondaggista Fabrizio Masia. “Premesso che Mattarella ha dichiarato più volte di non voler essere ricandidato – osserva Masia -, da un lato, dunque, c’è Draghi, anche sulla base del fatto che ha quasi lasciato intendere di essere disponibile, e la sua elezione al Colle avrebbe anche una chiave di lettura europea di garanzia rispetto a tutto quello che sta accadendo. E comunque Draghi potrebbe intercettare una maggioranza allargata, ma fino a un certo punto. Però è anche vero che il centrodestra sta insistendo sulla candidatura di Berlusconi”.  

    “Il fronte del centrodestra è abbastanza compatto ed è un messaggio importante anche in vista delle prossime elezioni. Tutti gli altri nomi fatti finora hanno un gradimento popolare di gradino inferiore. Parlo della Cartabia, di Casini, Amato, sono ancora molto poco conosciuti e faticano di più”. Per Masia, dunque, “in definitiva, se partiamo dalla sensibilità dell’opinione pubblica, sembra che non ci siano grandissime possibilità di tirar fuori dei nomi che in qualche modo soddisfino più o meno tutti e che possano incontrare il favore dell’opinione pubblica”. Un ragionamento che vale anche per un Capo dello Stato donna.  

    “Si parla anche molto di un Presidente della Repubblica donna – sottolinea Masia -, ma non è che siano spuntati tantissimi nomi che possano in qualche modo essere papabili”. Quanto alla possibilità che di fronte un’impasse possa emergere il nome di un outsider al momento non è ancora emerso, il sondaggista osserva: “Come sempre queste possibilità ci sono. Il fatto è che, effettivamente, mentre in passato si è sempre mosso qualcuno come king-maker della situazione, portando un nome un po’ in tutte le stanze dei vari partiti, mi sembra che oggi non ci sia una vera propria regia, non c’è un regista che si è assunto il compito di portare al Colle un candidato trasversale che possa piacere a tutti. Dunque sì, la partita potrebbe riservare sorprese”. Quanto, infine, all’ipotesi suggestiva di Luigi Di Maio a Palazzo Chigi e Berlusconi al Colle coi voti del M5S o di parte di esso, Masia chiosa: “E’ fantapolitica”. 

    PIEPOLI – ”Draghi ha il 40 per cento di probabilità di diventare il nuovo capo dello Stato. Anche Berlusconi ha la stessa percentuale. Sono entrambi alla pari, tutti e due però hanno meno del 50% e questo dimostra che siamo nell’assoluta alea…”. Nicola Piepoli, presidente dell’omonimo istituto di sondaggi, vede grande incertezza nella partita del Colle, con i due candidati più papabili, Mario Draghi e Silvio Berlusconi, al di sotto del 50% dei consensi utili per essere eletti al Colle più alto. ”Si tratta di grumi di possibilità, tutto è aleatorio, perché qui – avverte Piepoli all’Adnkronos- non manca il 20% per chiudere ma il 100 per cento… E’ come giocare con un dado dalle mille facce… Siamo nell’onirico. Come diceva Calderón de la Barca nel suo dramma filosofico-teologico ‘La vida es sueño’: ‘la vita è un sogno e i sogni sono sogni…”.  

    Per Piepoli ”Berlusconi ha il 40% come Draghi, perché sono le personalità più in vista in questo momento” e poi c’è un nocciolo duro, ”un milioni di italiani che morirebbe per Silvio e non è poco…”. Questo, però, insiste, non basta perchè entrambi hanno meno del 50% dei consensi. Secondo il sondaggista ci vorrebbe un civil servant al Quirinale, come lo era il suo ”amico, Claudio Demattè”, economista ed ex presidente della Rai: ”Il modello è un civil servant. Se oggi fosse vivo Demattè, io candiderei lui capo dello Stato. Per me dovrebbe andare al Colle Franceschini, perché è un civil servant, un uomo onesto, che ha sempre curato il Paese, ma è fregato dal Pd… Franceschini -chiarisce Piepoli- è un emblema, perché è uno dei 5mila onesti e civil servant che conosco. Prenderei lui come emblema per dire che serve una persona normale al Colle, uno di noi, un civil servant appunto…”.  

    MANNHEIMER – “Mancano ancora un bel po’ di giorni e da sempre il Capo dello Stato si è deciso all’ultimo momento, quindi è difficile oggi fare previsioni, nessuno sa davvero come andrà a finire. Credo, però, che Draghi abbia una posizione avvantaggiata, e se per caso Berlusconi gli cede il passo, l’attuale premier non avrà problemi. Tuttavia, è un argomento veramente complesso perché in passato si sono viste molte ‘bruciature’, e dunque anche persone come Casini, lo stesso Marcello Pera, la Cartabia o Amato, che risorge sempre, chi lo sa…io, però, vedo Draghi in pole position, tuttavia in queste cose ci si sbaglia anche il giorno prima”, sottolinea all’Adnkronos il sondaggista Renato Mannheimer.  

    Quanto alle possibilità di Silvio Berlusconi, Mannheimer osserva: “Da un punto di vista strettamente numerico, per ora Berlusconi non ce la fa, però Berlusconi ha creato Canale5, è diventato presidente del Consiglio, ne ha fatte di tutti i colori nella sua vita, non parliamo di un uomo incapace, quindi ci potrebbero essere sorprese dell’ultimo momento. Berlusconi nella sua vita ha dimostrato di essere capace di grandi imprese. Dunque se anche i numeri, per adesso, sembrano non esserci, la sua elezione al Colle non è impossibile. E’ improbabile ma non impossibile”.  

    Per Mannheimer, però, è anche possibile che di fronte allo stallo, possa alla fine emergere una figura il cui nome non è ancora entrato in gioco. “E’ accaduto spesso in passato che alla fine si scegliesse qualcuno che non era emerso in quel momento – sottolinea -, basti pensare a Scalfaro. Dunque sì, potrebbe accadere. Anzi, la tecnica giusta in questo momento è stare zitti, non farsi vedere per poi saltare fuori all’ultimo momento”. Però, chiosa Mannheimer, “all’ultimo momento potrebbe anche capitare che i partiti, disperati, chiedano a Mattarella ancora un paio d’anni. Potrebbe anche accadere questo, perché i partiti sono veramente in difficoltà. Attendiamo cosa dirà stasera Draghi e le reazioni dei partiti”.