Raid Casamonica, scattano tre condanne per aggravante mafiosa

    Con l’accusa della ‘aggravante mafiosa’ sono scattate a Roma tre condanne a seguito del rovinoso raid dei Casamonica al Roxy Bar, un celebre esercizio commerciale ubicato presso la zona della Romanina, a Roma appunto, e avvenuto il 1° di Aprile appena passato ai danni di una signora e del titolare del bar.
    Le rovinose e drammatiche immagini della brutale aggressione avevano del resto fatto ampiamente il giro di tutti i network e i media nazionali e non solo, arrivando con il web poi, praticamente ovunque. La grave e indubbia violenza con cui è stato attaccato il gestore del bar, un romeno, e una giovane disabile è assolutamente condannabile: restano parecchi dubbi tuttavia circa la cosiddetta aggravante mafiosa.
    Secondo quanto afferma il gup Elvira Tomaselli dunque sono arrivate le condanne per i tre Di Silvio: a 4 anni e 10 mesi Alfredo, a 4 anni e 8 mesi suo fratello Vincenzo e a 3 anni e due mesi il nonno, Enrico. Attualmente in carcere, Alfredo e Vincenzo devono rispondere della accusa di di lesioni e violenza privata, al contrario del nonno, che si trova al momento ai domiciliari, accusato di minacce. Il processo al quarto imputato, Antonio Casamonica, è in agenda per domani davanti ai giudici della sesta sezione penale del tribunale, avendo egli deciso di puntare per il processo con rito ordinario.
    Il Comune di Roma al momento non è stato considerato come parte civile dal momento che il giudice ha stabilito come tardiva la sua richiesta di costituzione.
    Vale la pena ricordare che l’aggressione è avvenuta a Pasqua coinvolngento membri del clan Casamonica, nei riguardi di una giovane donna frustata in pubblico e del titolare del bar, malmenato pesantemente. Poi, il locale è stato copiosamente danneggiato.
    Una pasqua davvero drammatica, un calvario nel vero senso del termine dunque, compiuto da due esponenti del clan Di Silvio del resto abbondantemente noto per le sue numerose questioni aperte con la giustizia e il cui patrimonio è stimato intorno alla clamorosa cifra di quasi cento milioni di euro.
    Le ragioni dell’agguato risiederebbero nel fatto che i boss pretendessero di essere serviti per primi, saltando la fila per acquistare delle sigarette. Una futilità che, per certi versi, lascia però la possibilità di prendere la temperatura e la misura di un modus operandi e di un profondo convincimento di superiorità, di potere e di impunità all’interno del quale, evidentemente, questo clan e i suoi accoliti operano. Ad ogni modo, di fronte alla mancata ‘concessione’ della priorità nell’essere serviti, sono partiti, a quanto si evince dalle ricostruzioni, delle pesanti accuse a sfondo razzista da parte di Antonio Casamonica, ventiseienne già condannato per estorsione e falso, che alterato in fila per pagare reagisce nei confronti di una donna, insieme al cugino Di Silvio, attaccandola a cinghiate e con calci e pugni, lasciandola poi inerme a terra.
    Drammatica anche l’inedia di chi era intorno. Nessuno a intromettersi per per aiutare la donna, raggiunta anche da moniti e minacce qualora avesse anche solo pensato di chiamare la Polizia.