Rapporto italiani nel mondo, l’emigrazione nel 2014 – di Marco Harmina

È stato presentato questa mattina, presso il “Church Palace” di Roma, l’edizione annuale del “Rapporto italiani nel mondo 2014” elaborato dalla fondazione Migrantes, organismo pastorale della Cei. Come ogni anno, l’organizzazione si pone l’obiettivo di sottolineare quanto il Rim sia uno strumento culturale che si propone di trasmettere informazioni, nozioni, conoscenze sull’emigrazione italiana del passato e sulla mobilità degli italiani di oggi, dedicando molta attenzione al legame tra emigrazione e fede. L’evento è stato moderato dal dott. Sergio Valzania, vicedirettore di Radio Rai, che ha concesso subito la parola al presidente della fondazione Migrantes mons. Francesco Montenegro, incaricato dei saluti istituzionali e di introdurre gli ospiti nell’ottica migratoria che colpisce e che ha colpito l’Italia in modo non solo attivo ma anche passivo, riportando alla mente gli accaduti di Lampedusa.

 

L’onorevole Mario Giro, nel governo Renzi, ricopre la funzione di Sottosegretario agli Esteri con delega agli italiani nel mondo, quindi, data la sua ampia competenza nel campo, avendo egli vissuto dodici anni in Belgio, è stato invitato per un intervento. Il discorso dell’onorevole  è stato basato e su numeri e su parole, soprattutto quest’ultime. A rappresentare la prima categoria, Giro ha annunciato che l’Italia è il secondo Paese al mondo per diaspora, per la presenza di persone italo discendenti o, detti anche, oriundi, primi dopo la Cina. Oltre a questi dati, si è affermato che i cittadini italiani residenti all’estero iscritti all’Aire, anagrafe specifica per quest’ultimi, sono 4.482.115 ed il 52,1% degli stessi iscritti all’Aire è di origine meridionale, mentre il 32,6% è partito dalle regioni del Nord.

D’altro canto l’onorevole ha aggiunto che la forza degli emigrati italiani è proprio la loro “italianicità”, ovvero il rimanere italiani anche quando non si riesce più a parlare la lingua natia. Mario Giro ha sottolineato anche come la politica sia rimasta per troppo tempo e troppo a lungo indifferente a quelle persone che altri non sono che italiani in giro per il mondo, accusando un silenzio colpevole, però, nonostante l’assenza dell’appoggio politico all’estero, l’emigrazione italiana è stato un successo sia economico che civile poiché sono riusciti a integrarsi alla perfezione, ecco perché, a detta dell’onorevole, parafrasando il premier Matteo Renzi, “c’è una grande voglia di Italia nel mondo”.

Non sono mancate però le bocciature per lo Stivale tricolore: “l’Italia è caratterizzata da un profondo senso di vittimismo per cui ci il cittadino medio si lamenta e basta”. Il Sottosegretario si è poi espresso così riguardo alla problematica della “fuga dei cervelli”: “dobbiamo smetterla di chiamarla in questo modo, la fuga è quella che si vede a Lampedusa!” non quella dei giovani ricercatori italiani che lasciano la propria terra armati solo di speranza con l’obiettivo di costruirsi un futuro degno ed una famiglia che possa mantenere.

“Lo scandalo non è la fuga, lo scandalo è aver perso l’appeal che le altre nazioni, come la Danimarca, hanno. Questo ci penalizza ingiustamente perché abbiamo molte strutture che funzionano benissimo”. Dopo aver fatto notare come l’avvento della tecnologia abbia cambiato anche il fattore sociale dell’emigrazione poiché dà la possibilità all’emigrante di tenersi sempre in contatto con il proprio Paese, l’onorevole Mario Giro ha poi lasciato la parola a Paolo Ruffini, direttore di Tv2000, che ha spiegato un servizio televisivo messo in onda proprio dall’emittente sopracitato in cui si riportavano statistiche e dati riguardanti le mille sfaccettature dell’emigrazione come quella culinaria.

Il filmato riportava il concetto di quanto la pasta, ad esempio in America, sia diventata caratteristica della Penisola tutta, in particolare gli “spaghetti with meatballs”, spaghetti con polpette: piatto tipico di alcune regioni del Sud Italia, questa portata in America ha subito un evoluzione come quella della crescita della carne: le polpette di dimensioni sempre più grosse e la mancata aggiunta di pane sta a significare quasi un traguardo per “avercela fatta” poiché la carne si vendeva a prezzi abbordabili e in gran quantità.

Essendo stato quest’ultimo concetto sottolineato non sono da Paolo Ruffini, ma anche dalla dottoressa Delfina Licata, si è passati all’intervento del professor Mario Morcellini, direttore del Dipartimento di Comunicazione e Ricerca sociale dell’università della Sapienza di Roma, il quale ha ripreso il rimprovero fatto da Mario Giro, accusando anch’egli di vittimismo l’Italia, incolpando i media di mettere in risalto “solo lacrime e sangue”. Il professore ha poi fatto notare come sia cambiato drasticamente il fenomeno culturale dell’emigrazione in conseguenza al fatto che non è più solamente un problema del Sud ma anche del Nord, è una questione che investe non solo gli uomini ma anche le donne: dal Friuli Venezia Giulia sono partite 81.600 donne. Poi è stata la volta di Gazzelloni, Direttore Istat per le statistiche socio-demografiche e ambientali, lasciando poi la parola alla dirigente del servizio internazionalizzazione della regione Puglia, la dott.ssa Giovanna Genchi.

Quest’ultima ha condiviso con la platea il suo lavoro in ambito regionale, portando anche tanti nuovi progetti, tutti con l’intento di sottolineare la filosofia “Iovogliotornare”, pensiero per cui si vuol far maturare nella testa di chi lascia l’Italia in cerca di fortuna, di poter un giorno tornare a casa e mettere al servizio della nazione l’esperienza acquisita con gli anni, anche con rapporti di interscambio professionale e commerciale: “il cambiamento si deve fondare sulla consapevolezza che la crescita dell’Italia passa anche dal rapporto con gli italiani all’estero”.

La conclusione dell’evento è stata concessa a S.E. mons. Gian Carlo Perego, lì presente in qualità di Direttore generale della Fondazione Migrantes. Il vescovo ha espresso la sua idea della necessità di un’informazione alternativa che dia “il giusto peso al capitale che ritorna” e la giusta importanza “al mondo sociale e civile degli italiani nel mondo”, poiché se 7 milioni di lavoratori in Europa vivono in un Paese che non è il loro nativo, si deve resistere all’idea di chiudere le frontiere. “Come disse il vescovo Geremia Bonomelli nel lontano 1898, dobbiamo allargare i nostri orizzonti, fisicamente prima che mentalmente”.