Nicola Zingaretti, in qualità di Commissario ad Acta per la Sanità della Regione Lazio, è un provvedimento gravissimo che viola palesemente la legge 194/78, in merito allesercizio dellobiezione di coscienza fra i medici ginecologi. Lo afferma, in una nota, Olimpia Tarzia, Presidente del Movimento PER Politica Etica Responsabilità e Vicepresidente della Commissione Cultura. Nel decreto, infatti, si stabilisce che il personale obiettore operante nel Consultorio Familiare, pur non essendo coinvolto materialmente nella pratica dellaborto, è obbligato comunque a partecipare alla redazione delle certificazioni e delle autorizzazioni che la precedono. Altrettanto inquietante – continua Tarzia – è la parte del decreto in cui si afferma che per analogo motivo, il personale medico obiettore del Consultorio è tenuto alla prescrizione di contraccettivi ormonali, anche post-coitali (leggi: varie pillole abortive) e allapplicazione di sistemi meccanici, quali la spirale anchessa abortiva. Siamo di fronte ad un provvedimento che si pone in aperto contrasto con la legge 194/78 Norme per la tutela sociale della maternità e sullinterruzione volontaria della gravidanza, che, pur essendo una legge ambigua e, a mio giudizio, profondamente ingiusta, sul tema dellobiezione di coscienza è molto chiara, laddove allart.9 stabilisce esplicitamente che il personale sanitario non è tenuto a prendere parte alle procedure di cui agli articoli 5 e 7 (dove per lappunto si disciplina il processo di certificazione e autorizzazione che precede laborto stesso) e agli interventi per linterruzione della gravidanza, qualora sollevi obiezione di coscienza e ciò vale, evidentemente, per analogo motivo anche per la prescrizione di sostanze o sistemi meccanici che procurano laborto. Il decreto Zingaretti, oltre che calpestare un fondamentale diritto, giuridicamente fondato, di singoli medici-cittadini, quale quello di sollevare obiezione di coscienza, si pone illegittimamente in contrasto con una legge nazionale. Per questo – conclude Tarzia presenterò domani uninterrogazione in Consiglio Regionale, al fine evidenziare i profili di illegittimità presenti nel decreto e chiederne quindi limmediata revoca.