Renzi, basta lezioni dai tecnici, “non mollo e non accetto veti”

    Matteo Renzi sventola il ramoscello d’ulivo. E a dispetto del ’fuoco amico’ a cui e’ stato sottoposto negli ultimi giorni, il premier sigla la pace interna nel Pd, chiamando a raccolta tutte le anime del partito. Sara’ per la platea che ha di fronte – quella della Festa nazionale dell’Unita’, nella citta’ di Bologna per di piu’, che di liti e lotte intestine non vuol nemmeno sentir parlare, gia’ provata dalle beghe interne delle primarie per la scelta del successore di Errani – sara’ che ad ascoltarlo per la chiusura della kermesse sono arrivati tutti, da Cuperlo a Civati fino a Bersani, fatto sta che Renzi non sguaina la spada ma anzi chiede al partito, unito, di sostenerlo e appoggiarlo nlle “scelte difficili che abbiamo di fronte”, perche’ “un segretario, da solo, non puo’ fare nulla”, cosi’ come un “presidente del Consiglio”. E allora, e’ la proposta avanzata dal palco della Festa dell’Unita’ e che sara’ all’ordine del giorno della direzione di giovedi’ prossimo, “facciamo una segreteria unitaria”, perche’ “il Pd ha davanti troppe cose da fare e non puo’ spercare il tempo a litigare”, ma sia chiaro – avverte il premier – “nessuno puo’ avere il diritto di veto, e se qualcuno vuole la rivincita dovra’ attendere fino al 2017”, quando si terra’ il nuovo congresso del Pd. Insomma, e’ un Renzi dialogante, che tende la mano alle diverse anime del Pd, quello che si presenta davanti ai tanti militanti e volontari della Festa nazionale, per la prima volta con il compito di chiudere la keremsse da segretario del partito. Allo stesso tempo, pero’, Renzi tiene a mettere in chiaro che lui non ha nessuna intenzione di alzare bandiera bianca, “vado avanti, sulle riforme non mollo di mezzo centimetro”. E assicura: “Noi l’Italia la cambiamo sul serio” e “lo faremo a testa alta, guiardando ngli ochi ” gli ’avversari’, “basta con i gufi”. Forte del 40,8% incassato alle europee – e che non manca di ricordare piu’ e piu’ volte dal palco del Parco Nord – Renzi si rivolge ai detrattori del governo e assicura: non ci sara’ un autunno caldo, a meno che non ci si riferisca alle condizioni del meteo. Cio’ non vuol dire che “io sottovaluti le difficolta’, faremo elle scelte difficili ma avremo il coraggio di farle, il cambiamento – scandisce dal palco – non si fermera’”. E ai critici, ai quei “tecnici” e “esperti” che bocciano l’azione di governo, Renzi replica a muso duro: nessuna lezione da chi e’ rimasto ancorato alla prima Repubblica, da chi “non ha saputo prvedere la crisi” e poi quando si e’ verificata “ha dato risposte sbagliate”. Difende l’operato del suo governo, a partire dagli 80 euro, che sono una misura sociale, prima ancora che economica; le riforme, che sono tutt’altro che inutili; e prima fra tutte la rivoluzione nella scuola, perche’ “il merito e’ di sinistra”. Ma accanto al partito e al governo, e’ anche un altro il fronte che preme a Renzi: l’Europa. Ed e’ da Bologna che Renzi lancia il ’patto del tortellino’, presentandosi insieme ai leader della sinistra riformista, tutti giovani – chi al governo e chi mira ad andarci presto – e accomunati, oltre che da una visione comune dell’Europa (che deve cambiare) e delle sfide che attendono la sinistra in Ue (deve imparare a marciare unita), anche dal look casual. Renzi, il premier francese Valls, il segretario del Psoe spagnolo Sanchez, il vicepremier olandese Samson e il segretario gnerale del Pse Post, sfoggiano una mise casual, tutti in maniche di camicia bianca e cravatta scura (a vederli in fila, uno a fianco all’altro sul palco sembrano quasi le ’Iene’ di tarantiniana memoria), a parlare la stessa lingua: basta con le politiche di solo rigore, i giovani e il lavoro devono essre la priorita’. Renzi, affiancato dalle donne dem del governo, da Madia a Mogherini a Pinotti (nel tardo pomeriggio arriva anche la Boschi), rende onore a tutti i suoi predecessori alla guida del partito (l’applauso piu’ lungo della platea e’ per Bersani), ringrazia e loda l’operato di Errani, e ribadisce: “Non e’ in gioco il mio futuro, ma il destino del Paese”.