REPORT CHOC: CHI NASCE AL SUD ED HA UN BASSO LIVELLO DI ISTRUZIONE HA MENO SPERANZE DI VITA

Che piaccia o meno, purtroppo, oltre al livello d’istruzione, a contribuire decisamente alla longevità di ciascun individuo è anche il luogo di residenza. Lo evidenzia un apposito report stilato dall’Osservatorio nazionale della Salute nelle regioni italiane, attraverso il progetto – , ideato dal Walter Ricciardi – dell’’Università Cattolica, in merito alle disuguaglianze di salute in Italia. Così come per molti aspetti legati alla qualità dei servizi e alle condizioni economiche, sembrerebbe che le persone che nascono al Sud, in particolare in Campania (e non laureate), hanno una speranza di vita più bassa. Come spiega il direttore scientifico dell’Osservatorio, Alessandro Solipaca, “Il Servizio sanitario nazionale, oltre che tutelare la salute, nasce con l’obiettivo di superare gli squilibri territoriali nelle condizioni socio-sanitarie del Paese. Ma su questo fronte i dati testimoniano il sostanziale fallimento delle politiche. Troppe e troppo marcate le differenze regionali e sociali, sia per quanto riguarda l’aspettativa di vita sia per la presenza di malattie croniche”. Come sempre, sono i numeri a caratterizzare tali studi. Ad esempio, è stato visto che attualmente in Campania gli uomini vivono mediamente 78,9 anni mentre, le donne, 83,3. Di contro, nella Provincia autonoma di Trento gli uomini vivono 81,6 anni, e le donne 86,3 anni. Un trend che prevale nelle regioni del Nord-est dove, mediamente, la speranza di vita per i signori è di 81,2 anni, e di 85,6 per le signore. Una media che si abbassa decisamente scendendo nel Mezzogiorno dove, gli uomini vivono invece 79,8 anni e le donne 84,1. E se le provincia di Firenze 84,1 anni di aspettativa di vita – 1,3 anni in più della media nazionale – seguita da Monza e Treviso è tra le più longeve, al Sud invece Caserta e Napoli sono le province meno longevi, in virtù di una speranza di vita di oltre 2 anni inferiore a quella nazionale. Impressionano poi i ‘divari sociali di sopravvivenza’: nel Paese, se ha un livello di istruzione basso, un cittadino può sperare di vivere 77 anni, ma se ha una laureala soglia balza ad 82 anni. A fare la differenza è la salute dove, nella forbice anagrafica compresa tra i 25 ed i 44 anni il 5,8% che lamenta almeno una patologia cronica grave ha un titolo di studio basso, i coetanei laureati sono invece il 3,2%. Una condizone che va via via crescendo con l’età: nella classe 45-64 anni è il 23,2% (tra quanti in possesso della sola licenza elementare),e dell’11,5% tra i laureati. Un focus, che in sostanza deve indurre il Ssn ad intervenire, contrastando tali disuguaglianze con interventi e politiche urgenti. Ad esempio, è totalmente da rivedere l’allocazione del finanziamento alle Regioni, l’accessibilità alle cure (per taluni ancora oggi difficile), e la riorganizzazione territoriale delle strutture, ospedaliere, gestendo in primis gli accessi in virtù dell’appropriatezza degli interventi e all’urgenza degli stessi.
M.