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Ristoranti e bar di Roma e Lazio: quasi il 40% a rischio ristori

Perdite pesanti, crisi dilagante, rischio chiusura definitiva e amarezze per non riuscire neppure ad accedere ai noti ristori: sono davvero tanti gli esercenti romani, titolari di bar e ristoranti, che pur gravati da un crollo degli incassi, non hanno un ‘rosso’ tale da poter accedere ai ristori del governo Draghi. Luciano Sbraga, direttore Fipe Confcommercio romana, sostiene come quasi il 40% dei ristoratori e baristi della Capitale non potraà accedere agli aiuti del Decreto Sostegni.

In un momento nel quale, complice la zona rossa e l’imminenza delle feste pasquali nel Lazio si parla di un buco di 50 milioni di introiti in meno nel settore, e malgrado la scelta del governo di rinunciare allo schema dei codici Ateco per estendere la platea delle imprese e partite Iva da sostenere, sembra che la cifra, 11 miliardi di euro nazionali, 800 milioni per Roma e Lazio, imponga una scrematura tra i beneficiari.

In sintesi, il ristoro scatta per chi ha subito perdite pari al 30% del fatturato spalmata su 12 mesi: un meccanismo, afferma Sbraga, che penalizza molti esercenti che, tra chiusure e aperture, nei mesi hanno perso molto, ma in media con cifre intorno al 25%. In pratica, per pochi punti percentuali, poche migliaia di euro, resteranno a secco. Specie in periferia. Da inizio pandemia, circa 2 mila bar hanno chiuso o ridotto le attività, e le prospettive, ora, sono ancora più preoccupanti.