CRONACA

Roma, operazione Monsone: i nuovi dettagli sul “racket delle bancarelle”

Emergono ulteriori dettagli riguardo all’operazione ‘Monsone’, l’indagine del Nucleo Speciale Polizia Valutaria della Guardia di Finanza, che ieri ha dato esecuzione, su delega della Procura di Roma, a 18 misure cautelari nell’ambito dell’indagine sul racket delle autorizzazioni su strada, il cosiddetto commercio ambulante, con il coinvolgimento di pubblici ufficiali, imprenditori, sindacalisti e della nota famiglia Tredicine, con l’arresto dei fratelli Dino (in carcere) e Mario (agli arresti domiciliari).

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Secondo gli inquirenti il sistema corruttivo ed estorsivo con cui veniva gestito il commercio su piazza andava avanti dal 2006 e solamente due anni fa un uomo, un bengalese, ha deciso di denunciare raccontando che per lavorare con la sua bancarella nelle migliori postazioni della Capitale era costretto a pagare somme importanti di denaro. Fino a 4.000 euro al mese, aveva spiegato, eludendo, tre le altre cose, anche la regola della rotazione delle postazioni delle bancarelle (lo stesso banco non può essere installato nella stessa postazione per più di due volte alla settimana).

La vera e propria ‘tassa’ veniva pagata all’organizzazione di Mario e Dino Tredicine con la complicità di due pubblici ufficiali, tra cui Alberto Bellucci, responsabile degli uffici Disciplina e Rotazione del dipartimento Attività Produttive del Comune di Roma. Una condotta estorsiva perpetuata anche durante l’emergenza Covid-19, con gli ambulanti costretti a consegnare i sussidi anticrisi all’organizzazione.

Gli indagati sono accusati, a vario titolo, di associazione per delinquere, corruzione, estorsione, induzione indebita a dare o promettere utilità, rivelazione del segreto d’ufficio e abusiva attività finanziaria. Contestata anche l’ipotesi di usura con tassi di interessi superiori al 500%.

Mario Bonito