Scuola italiana, continuo cambio di docenti di sostegno e il disagi degli alunni disabili

    Ancora una maglia nera per la scuola italiana. Nonostante la sua nomina all’estero come una delle più eque in Europa, le tristi percentuali elaborate in questi giorni smentiscono drasticamente i fatti. Parliamo questa volta di docenti di sostegno per bambini disabili: tipico di questo periodo l’andirivieni di insegnanti costretti a cambiare sede, lasciando spazi vuoti che si traducono con il 52% di alunni che si sono visti arrivare un nuovo docente proprio in questi giorni. Dati elaborati dalla più autorevole rivista in campo scolastico, Tuttoscuola, che ha calcolato le spese del Governo per capire i motivi di questo disagio inflitto ai più vulnerabili. E si parla di cifre particolarmente alte: circa due miliardi di euro, solo per questo anno scolastico.
    Sono 253 mila gli alunni con disabilità che frequentano le scuole italiane. Di questi, meno della metà (solo 120mila) hanno avuto la fortuna di ritrovare in questo inizio di anno scolastico l’insegnante che hanno avuto al loro fianco fino a giugno. Gli altri 133mila si trovano invece con un docente nuovo, che non conoscono e che non li conosce, e sono quindi costretti a dover ricominciare daccapo. Sorge spontaneo domandarsi perché accade tutto questo e come poter rimediare. Secondo la rivista di Giovanni Vinciguerra, la motivazione è essenzialmente di natura economica: oltre un terzo dei 160 mila insegnanti di sostegno in servizio quest’anno (nel 2017-18, come rilevato dalla Corte dei Conti sono stati “pari a 154.432 unità, di cui 54.352 in deroga”) saranno “in deroga”, cioè precari, licenziati e riassunti ogni anno, quasi tutti nominati in una scuola diversa da quella dell’anno precedente. Un esercito che ruota e che costa. Sempre restando ai numeri, si sapeva da mesi che a settembre ci sarebbe stato bisogno di 160mila docenti di sostegno, ma sono stati previsti solo centomila posti fissi (il famoso organico di diritto). Il che significa che i restanti 60mila devono essere assunti a tempo determinato. Giustamente, Tuttoscuola denuncia il paradosso: “schieriamo un esercito di 160 mila insegnanti di sostegno, più dei carabinieri, più del doppio dei medici; facciamo un grande investimento (cinque miliardi di euro l’anno solo per gli stipendi), nel Paese che per primo 40 anni fa ha creduto nell’integrazione scolastica degli studenti con disabilità, superando le terribili classi differenziate: tutto in buona parte vanificato da un’insensata girandola di cattedre: 133 mila alunni con disabilità (il 52%) cambiano quest’anno docente, in molti casi ne cambieranno nei prossimi mesi anche più di uno”.
    In teoria, assumere un docente a tempo determinato significa, per lo Stato, risparmiare gli oneri retributivi e contributivi per i due mesi estivi in cui non ci sono lezioni (e che invece vengono pagati ai docenti a tempo indeterminato). Scelta che dimostra come il risparmio, per il nostro Paese, sia un “valore” percepito di importanza superiore al garantire continuità didattica agli studenti disabili. Triste constatazione rispetto alla pretesa italiana di avere la scuola più inclusiva d’Europa. Stiamo andando nella direzione inversa a quella indicata nel contratto di Governo per la scuola: Una scuola che funzioni realmente – recita il documento giallo-verde – ha bisogno di strumenti efficaci che assicurino e garantiscano l’inclusione per tutti gli alunni, con maggiore attenzione a coloro che presentano disabilità più o meno gravi, ai quali va garantito lo stesso insegnante per l’intero ciclo”. Contratto che, si sperava, potesse garantire quella continuità didattica che era stata prevista nella Buona Scuola (la delega aveva previsto la conferma dello stesso docente per l’intero ciclo) ma che era poi caduta con il successivo decreto legislativo 66/2017 che, come denuncia Tuttoscuola “aveva ignorato inspiegabilmente  la delega”.
    A ciò si aggiunge il fatto che assumere a tempo determinato 60mila docenti di sostegno costa oggi, secondo i calcoli di Tuttoscuola, circa due miliardi di euro. Un’operazione quindi svantaggiosa per i ragazzi, per i docenti costretti a cambiare sede ogni anno restando nella precarietà, ma comunque costosa per i conti pubblici. Tuttoscuola ha calcolato quanto sarebbe il maggior costo necessario per stabilizzare quei docenti “in deroga” abbattendo fortemente il carosello di cattedre: a regime circa 550 milioni di euro l’anno. “Non poco – commenta Giovanni  Vinciguerra – ma sarebbe una scelta di civiltà. E anche peraltro di efficienza del tasso di ritorno dell’investimento economico: spendiamo per 160 mila insegnanti di sostegno cinque miliardi l’anno per ottenere il risultato di confusione che abbiamo descritto; basterebbe aggiungere 550 milioni per stabilizzare i 60mila precari attuali, riducendo cosi drasticamente l’attuale rovinoso marasma organizzativo, visto che qui si gioca sulla pelle degli alunni più deboli”.