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“Se si riapre a fine maggio il Pil scenderà ‘solo’ al -6%”, avverte Confindustria

E abbastanza prevedibile ed ovvio che ci troviamo di fronte ad una recessione senza precedenti, che è riuscita a spazzare via ogni timida ‘sensazione’ di ripresa economica, stimata solo qualche mese fa. Dal canto suo il centro studi di Confindustria ha calcolato che l’avvento dell’epidemia di Covid19 nel Paese, ha investito la nostra economia “come un meteorite”, ridimensionando il Pil al -6% ma, sottolinea, “soltanto se almeno il 90% delle attività potesse riprendere a fine maggio“.

“La caduta del Pil è stata pari al 10%”

“Nei primi due trimestri del 2020 – spiega Stefano Manzocchigli, capo economista del Centro Studi di Confindustriala caduta del Pil è stata pari al 10% rispetto allo stesso periodo del 2019. La peggiore caduta nella storia del Paese. Una caduta vertiginosa dei primi due trimestri dell’anno seguita poi da una ripresa nel terzo e quarto trimestre. Ma a dirlo saranno solo i prossimi mesi”.

“Dal 2021 un parziale recupero fino al +3,5%”

Come assicurano gli esperti di Viale dell’Astronomia, soltanto dal terzo trimestre dell’anno corrente, grazie al termine delle restrizioni, si prevede una risalita “graduale e lenta: la ripartenza è attesa procedere in maniera limitata rispetto alla caduta”. A contenere il calo del Pil  concorrerà il primo dl Cura Italia, destato al sostegno delle imprese e delle famiglie. Sarà tuttavia dal 2021, che si riuscirà a produrre un parziale recupero dalla caduta quando, premessa una situazione di ritrovata ‘normalità’, dovremmo toccare un +3,5%. “La ripartenza del commercio globale farebbe da traino alle esportazioni italiane – prende ancora il centro studi – mentre la ripresa della fiducia di famiglie e imprese e migliori attese sulle prospettive dell’economia italiana determinerebbero un importante stimolo per la domanda privata”. Tuttavia, avverte Confindustria, ”il rimbalzo del Pil nel 2021 compenserà solo parzialmente la forte diminuzione di quest’anno. Al quarto trimestre del prossimo anno i livelli di PIL saranno ancora inferiori rispetto a fine 2019“.

Pil al -6% a fine anno, se a maggio si ‘riapre’

Dobbiamo dunque rassegnarci, inevitabilmente, colpito al cuore dal coronavirus, il Pil Italiano chiuderà l’anno con un secco -6%. Come detto, sempre che, alla di maggio, si conti in ripresa di attività lavorativa il 90% delle attività economiche. Diversamente, ogni previsione “andrà rivista al ribasso”, per ogni settimana in più di blocco, si ’bruceranno’ circa 14 mld di euro almeno lo 0,75%. E pensare che, nel 2019, il Pil presentava un aumento di un modesto +0,3%.

Giù consumi ed investimenti. Paniere da ‘rivedere’

E’ di -6,8% della domanda interna, e del -10,6% negli investimenti fissi lordi, in virtù dei consumi e degli investimenti, e questo induce gli imprenditori a sperare ‘nell’effetto rimbalzo’ il prossimo anno, che inciderebbe positivamente, segnando il 3,5% dei consumi, in relazione ai grafici del reddito disponibile reale, e il +5,1% degli investimenti. A pesare sulla domanda interna a fronte dei primi due trimestri di quest’anno, la ‘rivisitazione’ del paniere dei beni di consumo, nel quale saranno ‘sfavoriti’ settori come quello dell’abbigliamento, i trasporti, i servizi ricreativi, quelli  ricettivi, e la ristorazione. Per quel che riguarda gli investimenti, a ‘pagare’ (-7,4%), saranno i macchinari ed i mezzi di trasporto. Così come le costruzioni (-4,5%), abitazioni e (-3,1% ), i fabbricati non residenziali.

Il blocco ha segnato un -25% della produzione mensile

Inevitabilmente, lo stop forzato alle imprese manifatturiere ha toccato circa il 60% dell’industria che, su base mensile ha di per se già accusato  una flessione della produzione pari al 25%. “Un calo così profondo e concentrato nel tempo non si è registrato nemmeno nella recessione del 2008-2009 – spiegano gli esperti – quando la diminuzione dell’attività è stata di circa il 25%, ma in un anno” e, oltretutto, ”il recupero da una caduta così forte non è facile né scontato sia per la gradualità necessaria al ritorno alla normalità sia per il basso contributo delle esportazioni. Saranno dunque condizionate le prospettive di crescita del medio periodo e – proseguono da Viale dell’astronomia – le imprese italiane più orientate all’export infatti sono candidate a essere tra le vittime più illustri di tale emergenza“.
Tuttavia, settori “essenziali” (che hanno quindi continuato a lavorare), come valore aggiunto incidono del 60%, impiegando circa il 70% degli occupati (17,3 milioni), coinvolgendo inoltre il 44% delle imprese (circa 1,9 milioni).

Drammatico ritorno della disoccupazione all’11,2% 

Entrando infine in quello che è il ‘piatto forte’ della nostra economia (in termini negativi), è purtroppo il calo dell’occupazione che le misure di contrasto al Covid-19 hanno imposto: parliamo di un -2,5% ai fini dell’Ula, il -1,5% fra i lavoratori impiegati, ed un -3,1% sul totale delle ore lavorate. Si prevede quindi un’impennata della disoccupazione, vicina ai drammatici mesi del del 2009. Soltanto verso la fine del 2020, si stima un lieve incremento, con le Ula che, dal 2021, aumenteranno del 2,1%, ma sempre indietro rispetto all’andamento del Pil. 

Max