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Smart working, Brunetta a ruota libera: “Un lavoro a domicilio all’italiana. Un abbaglio proiettarlo nel futuro”

E’ indiscutibilmente una persona colta e preparata, purtroppo però spesso fatica a conciliare il ruolo del politico (dunque ‘scelto e pagato’ per concorrere a migliorare gli intricati ingranaggi della società), con quello dello ‘spietato’ manager privato (i famosi manager ‘tagliateste’).

Brunetta e quell’odio storico che cova nei confronti dei dipendenti statali ma non dei loro superiori

Dunque, ogni qualvolta chiamato a districare i numerosi nodi che trasformano la Pa in un’ingarbugliata ragnatela, Renato Brunetta mette nel mirino in primis i dipendenti (come non ridere dei ridicoli ‘tornelli’ agli ingressi dei ministeri?). Nel dossier degli ‘sfaticati ed incapaci’, mai infatti che capiti chi profumatamente pagato per gestire uffici e ministeri, no: i lavoratori. E questo fa ovviamente nascere il ‘sospetto’ che la ‘fratellanza politica’ (come risaputo infatti, dirigenti, alti funzionari e presidenti di commissione, sono frutto della lottizzazione, e non abili lavoratori premiati dalla meritocrazia), sia ancora oggi una delle più indegne ‘metastasi’ che angustiano la nostra società.

Brunetta sullo smart working: “Un lavoro a domicilio all’italiana, proiettarlo nel futuro è un abbaglio”

E dunque eccolo il ‘nostro’ ministro della Funzione pubblica il quale, nell’ambito del question time della Camera, è pronto ad affermare che “Lo smart working è un lavoro a domicilio all’italiana. Su Wikipedia in inglese si dice che è un lavoro self service, all’italiana, da casa. Pensare di proiettare questo tipo di organizzazione, nata nell’emergenza, nel futuro mi sembra un abbaglio“. Un’analisi a tratti spietata, come vedremo, che se non fosse per le umili origini del ministro e la sua riconosciuta sensibilità, potrebbe venire letta come quella tristemente venata da rigurgiti ‘padronali’, in linea con la ‘politica’ (im)prenditoriale di quell’Italia cinica e provinciale, dove sotto l’egida del guadagno l’operaio è considerato un ‘mezzo’.

Brunetta: “Quella dello smart worknig è stata una risposta emergenziale al lockdown”

E se negli Stati Uniti è ormai una consuetudine, e fior fiore di sondaggi, numeri alla mano, hanno dimostrato che i dipendenti in smart working producono molto di più che in ufficio, Brunetta ritiene invece che “è stata una risposta emergenziale al lockdown. Si doveva tenere a casa i dipendenti pubblici, e lo si è fatto in questa modalità, o si potevano mettere in cig, come è stato fatto nel privato“.

Brunetta: “L’idea è intelligente, ma non l’uso di smartphone e computerino in casa…”

Poi però per forza di cose, riconosce che sì, è ”Un’idea intelligente“, ma, aggiunge,  attenzione, perché questo tipo di lavoro, costruito dall’oggi al domani, è senza contratto: questi lavoratori non hanno un contratto, è senza obiettivi, non c’è stata nessuna riorganizzazione per obiettivi del loro lavoro, è senza tecnologia, è a domicilio con uso di smartphone e computerino in casa, è senza sicurezza, abbiamo visto il caso del Lazio”. Beh, se nessuno si prende la briga di ‘insegnare’ le modalità dello smart working…

Brunetta antepone il Pnrr e la digitalizzazione “A un lavoro a domicilio senza futuro”

Dunque quale potrebbe essere l’alternativa? Per il ministro “A un lavoro a domicilio senza futuro”, Brunetta preferisce confidare sul Pnrr, dove (ancora a ‘chiacchiere’), sono previste la digitalizzazione e l’interoperabilità delle banche dati. Questo perché, prosegue ancora, “il lavoro agile non ha garantito i servizi pubblici essenziali. Quelli li hanno garantiti i lavoratori della sanità, medici e infermieri, i lavoratori della sicurezza, carabinieri e poliziotti, in progress i lavoratori della scuola. I lavoratori in smart working non hanno affatto garantito questi servizi”. Come dicevamo, nessuna parola invece circa le responsabilità di chi invece deputato a far sì che tutto funzionasse come avrebbe dovuto…

Max