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Sputnik, benché distribuito in 60 paesi “Ad oggi non è mai stata registrata una reazione avversa grave”

Proprio perché la salute viene prima di tutto, in questo frangente di emergenza pandemica non è certo il momento di stare a ‘perdere del prezioso tempo’ dietro a questioni politiche od economiche. Dunque, dopo l’amara sorpresa rivelatasi con l’avvento dell’atteso vaccino anti Covid Johnson & Johnson, sarebbe forse il caso di ‘cominciare’ a fare prevenzione ‘anche’ con la volontà dei cittadini, e dunque non soltanto di ‘rimessa’, in base a scelte ‘altre’ (vedi Bruxelles), rivolte però alla collettività.

J&J: un’attesa ‘delusa’ dalle, seppur ‘rare’, reazioni in stile AstraZeneca…

Per carità. Siamo sempre lì: così come l’AstraZeneca, anche per i casi di coaguli e trombosi verificatesi negli Usa a due settimane dall’inoculazione della prima dose del Johnson & Johnson, il nesso è tutto da dimostrare. E’ anche vero che semmai fosse, a monte vi sono già 7 milioni di dosi già praticate e dunque, seppur vi fosse un’affinità, anche per il J&J ‘un’incidenza avversa’ avrebbe  comunque margini di percentuali ridottissime.

Sputnik: distribuito in 60 paesi, ad oggi non ha evidenziato nessuna reazione avversa grave

Tuttavia, domandiamo e ci domandiamo, premessa l’attesa dell’ok da parte dell’ente regolatori Europeo, possibile che l’idea di ricorrere ‘anche allo Sputnik russo sia davvero una follia? Un vaccino già distribuito in ben 60 paesi del mondo che, ad oggi, almeno stando a quanto riferisce il Gamaleya (o Centro nazionale russo di ricerca epidemiologica e microbiologica), non ha ancora mostrato ‘reazioni avverse gravi’.

Anzi, spiegano dal Centro Gamaleya, ”durante gli studi clinici e nel corso delle vaccinazioni di massa con Sputnik V non ha mostrato casi di trombosi del seno venoso cerebrale (Cvst)“.

Eppure anche lo Sputnik è interno ai vaccini con adenovirus come J&J ed AstraZeneca

Eppure anche lo Sputnik è interno a quella schiera di vaccini che comprende sia il J&J, che AstraZeneca ma, come tiene a rimarcare il Centro Gamaley, di l’ida di “vaccini che utilizzano la piattaforma del vettore adenovirale sono diversi e non direttamente confrontabili“. Quindi a detta degli scienziati russi, “non c’è alcun motivo e nessuna giustificazione per estrapolare i dati di sicurezza di un vaccino e confrontarli con un altro”.

Come infatti spiegano i russi,  “Il vaccino di AstraZeneca utilizza l’adenovirus di scimpanzé per fornire l’antigene, mentre quello Johnson&Johnson utilizza l’adenovirus umano del sierotipo ‘Ad26’ e la proteina S a lunghezza intera stabilizzata per le mutazioni. Inoltre è prodotto utilizzando la linea cellulare ‘Per.C6’ (cellule retiniche embrionali), non presente negli altri prodotti registrati“. Diversamente nel nostro non viene utilizzato un frammento di attivatore del plasminogeno di tipo tissutale“.

Gli scienziati russi: il dna libero potrebbe far reagire il sistema immunitario con le trombosi

Inoltre, spiega ancora il Gamaleya “in uno studio pubblicato su ‘The New England Journal of Medicine’ il 9 aprile è riportato che una delle possibili cause delle rare trombosi verificatesi dopo la vaccinazione potrebbe essere collegata ad una purificazione insufficiente nello sviluppo del vaccino che porta alla comparsa di quantità significative di Dna libero che possono interferire con la risposta del sistema immunitario”.

Sputinik, il Gamaleya: “Oltre che a distribuirlo, ne convidiamo la teconologia per produrlo”

Dunque, così come stipulato di recente in Germania (dove, oltre che a distribuirlo, sarà anche prodotto), l’istituto russo si dice pronto “a condividere la sua tecnologia di purificazione con altri produttori di vaccini per aiutarli a ridurre al minimo il rischio di effetti avversi durante la vaccinazione”.

Sputnik: noi intanto continuiamo ad aspettare l’Ema, dopo il No secco di Bruxelles

Ma ormai anche l’Ema ha le sue ‘direttive’ e dunque, così come per AstraZeneca, anche per J&J si è limitata a ribadire il concetto per cui i benefici che derivano dalla vaccinazione sono di gran lunga superiori rispetto alle ‘rare’ reazioni avverse registrate. Ed è vero ma, ‘umanamente’, è inevitabile replicare: e se fossi io quell’uno su 1 milione.. perché?

Max