SUL REDDITO DI CITTADINANZA E IL WELFARE DI CASA NOSTRA

    Il programma politico del movimento cinque stelle ha reso di attualità la questione del reddito di cittadinanza e dell’assenza in Italia di uno Stato sociale al passo con il modello europeo ( sul punto: http://temi.repubblica.it/micromega-online/reddito-di-cittadinanza-il-modello-sociale-europeo-che-l%E2%80%99italia-ignora/ ). In realtà anche la questione degli esodati attualizzata dalla legge Fornero ha finito per evidenziare questa lacuna del sempre più evanescente welfare italiano dopo un ventennio di esperimenti e propaganda liberistiche sempre più accentuate. L’argomento ci consente di sviluppare alcune riflessioni che potrebbero apparire più che sensate,elementari, ma che, in realtà,come al solito, non sono date affatto per scontate nel nostro singolare sistema. In primo luogo viene spontaneo osservare che una priorità ancor più decisiva del cosiddetto reddito di cittadinanza è quella dell’adeguamento delle pensioni minime, soprattutto quelle di invalidità, e financo dei parametri a fronte dei quali vengono riconosciute le relative prestazioni. E’ abbastanza noto, tra gli addetti ai lavori che,mentre in Italia la pensione I.N.P.S. di invalidità civile richiede il superamento del 75% del livello di invalidità sulla totale, in altri paesi come la Germania si riconoscono i relativi trattamenti assistenziali e previdenziali al soggetto invalido oltre il 50% e che gli assegni erogati sono generalmente più decenti di quelli che invece vediamo riconoscere in Italia, anche se, con maggior senso della perequazione, è difficile trovare in Germania assegni mensili pensionistici che superino la soglia dei 3.500,00 euro,persino un deputato-Abgeordnete dovrebbe lavorare ed essere rieletto al Bundestag per  ben 27 anni per aspirare ad una pensione di 5.600,00 euro, mentre, dopo un mandato di 4 anni di servizio, essi hanno diritto ad un assegno mensile pensionistico di soli 825,00 euro ben più basso di quelli che percepiscono i parlamentari italiani ed anche tale prestazione non ha mancato di suscitare in Germania vibranti polemiche,perché l’opinione pubblica non manca di rilevare attentamente le differenze di trattamento rispetto ai comuni Hartz 4 (http://www.italiaoggi.it/giornali/dettaglio_giornali.asp?preview=false&accessMode=FA&id=1844399&codiciTestate=1). Anche il riconoscimento del cosiddetto assegno di accompagnamento in Italia potrebbe subìre “giri di vite” significativi,almeno sotto il profilo fiscale,considerato altresì che ormai in medicina legale,anche relativamente ai parametri per accordarlo si parla di criteri sempre più proibitivi (http://www.iltempo.it/economia/2014/08/23/il-governo-va-a-colpire-sempre-i-soliti-giro-di-vite-anche-per-vedove-e-invalidi-1.1299764 )   . Infine è notizia di oggi il parere del sottosegretario alle politiche sociali del governo Renzi, Cecilia Guerra, che avrebbe espresso parere negativo all’accantonamento di 150 milioni di euro per il cosiddetto fondo per i disabili, cioè per il reperimento e funzionamento di strutture ricettive per i portatori di handicap rimasti soli e senza tutele (http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/04/25/disabili-dopo-fondi-tagliati/206635/ ). Altra notizia che colpisce un’altra categoria altrettanto debole formalmente tutelata dalla nota legge 104 del 1992 e dall’art. 33 D.lgs.151/2001).In sintesi appare necessario e proprio della nozione del welfare dare precedenza nella tutela anzitutto agli invalidi e ai malati, compresa l’effettività e accessibilità delle prestazioni sanitarie pubbliche (sappiamo tutti che cosa si sta verificando sotto la gestione Lorenzin: http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/09/15/sanita-medici-da-renzi-giochi-di-parole-per-nascondere-34-miliardi-di-tagli/2036291/ ),come categorie più deboli prima che ad altre categorie, compresi disoccupati ed esodati. Sicchè viene spontaneo osservare o domandare che, se la coperta è diventata talmente corta, da non poter “coprire” nemmeno più le categorie deboli che, costituzionalmente, non sono in grado di svolgere mansioni lavorative o che comunque hanno obiettive difficoltà a svolgerle con le loro capacità lavorative residue, come sarebbero ipotizzabili prestazioni come l’assegno per il reddito di cittadinanza erogato a tutti coloro che si trovino in una condizione di disoccupazione ingenerata dalla situazione economica contingente? Sembra dunque evidente,anche alla luce dei tagli pensionistici e dall’allungamento progressivo dell’età pensionabile,realizzata con le ultime riforme, compreso il passaggio dal sistema retributivo a quello contributivo, che la questione del reddito di cittadinanza appare in Italia ancora e sempre più come una mera utopia,una pia illusione di avvicinamento ad un modello europeo purtroppo sempre più lontano, senza addentrarci nella discussione dell’altra questione legata agli eventuali parametri per il riconoscimento di un trattamento siffatto,di cui, la revocabilità dopo due offerte di lavoro non accettate costituirebbe probabilmente l’ennesima fonte di arbitri e discriminazioni o il viatico per l’introduzione,come al solito, di un parametro discrezionale per la P.A. tale da rasentare la politicità del criterio,piuttosto che la giustizia sociale (mi ritorna alla mente una storia abbastanza nota,cioè quello che avveniva in passato anche nei cosiddetti uffici di collocamento o quello che avviene ancora oggi in certe agenzie,in cui, spesso, vengono formalizzate o meglio, ai nostri tempi in cui non si formalizza quasi più nulla, è più corretto dire avanzate proposte di lavoro che spesso non hanno nulla a che vedere con le competenze e la formazione professionale del destinatario,il che potrebbe suonare,alla fine,come una sorta di “affronto-insulto” alle proprie capacità e al proprio percorso formativo o come alibi contabile).