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    Tragedia ad Anzio: si ribalta un peschereccio, un morto e due feriti recuperati dalla Capitaneria

    Nell’immaginario collettivo è vissuto come un ‘mestiere romantico’ dove, tra mille avventure, questi uomini dalla pelle riarsa dal sole, li vedi tessere le reti secche di sale, seduti a cavalcioni su una panca di legno scrostata con una pipa in bocca.

    Ma la realtà è molto più dura delle apparenze. Quella del pescatore è una vita di grandi privazioni – la famiglia in primis – e di facili speranze spesso disilluse, come quando il vento sembra scansarli via, alimentando bianche muraglie di schiuma. Quest’anno poi, con una quarantena che non ha risparmiato dolori e sacrifici ai titolari dei mestieri più ‘umili’, questi uomini-pesce per lunghe settimane sono stati costretti a guardare il mare dalla banchina dei porti, maledicendo quel poco che non avrebbero comunque mai guadagnato.

    Molta gente infatti non sa che quello del pescatore è un lavoro duro, faticoso e che (come per altri settori agro-alimentari), rispetto al prodotto che nei ristoranti paghiamo profumatamente, loro per assicurarcelo ne guadagnano si e no appena il 10%.

    Poi, purtroppo, al pari di altri lavori a rischio, anche qui può accadere il peggio anzi, esposti costantemente alle ‘bizzarie’ delle intemperanze climatiche, il rischio è addirittura accentuato, una sorta di silente e sgradito ‘compagno di viaggio’.

    Ed oggi, ad Anzio, è capitato l’irreparabile. Un peschereccio di rientro, dopo ore di dure lavoro, occupato da ‘pescate’ e continuate ‘secchiate’ d’acqua marina addosso, è rimasto intrappolato fra gli ostinati moti delle correnti, ed un vento spaventoso.

    Malgrado l’esperienza dell’equipaggio, c’è stato ben poco da fare, se non ‘resistere’, rimandando di minuto in minuto il peggio.

    Poi, l’inevitabile: il timone che gira a vuoto, quel senso di vertigine che misura la ‘caduta libera’ dal culmine dell’onda, ed il tonfo sordo del natante di legno, ucciso dal mormorio dei cavalloni, che s’inseguono senza sosta.

    Gli uomini della locale Capitaneria di porto, come i pescatori ‘condannati’ a sfidare la roulette del mare, si sono prodigati per dare un senso di ‘avventura a lieto fine’ alla vicenda, ma quel giorno, che altri pescatori guardando dalla costa speravano fosse, non era oggi.

    Due uomini sono stati recuperati, abbastanza acciaccati, fradici di acqua e lacrime, mentre per il terzo non c’è stato niente da fare.

    Un’altra vita che se ne va per una ‘faccenda’ di lavoro. Sembra assurdo stare a parlarne nel 2020, ma questa è la vita del pescatore…

    Max