Tragedia di Rebibbia, la riforma mai fatta dai precedenti governi

    Dopo la recente tragedia avvenuta nel carcere di Rebibbia, dove il 18 settembre scorso una detenuta ha lanciato dalle scale i suoi due figli, uccidendoli, si aprono una serie di polemiche e di domande soprattutto in riferimento alla riforma che riguarda proprio casi come questi. Secondo l’Articolo 31, comma 2, della Costituzione italiana infatti, la Repubblica “protegge la maternità, l’infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo”; l’Articolo 3, comma 1, della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo, invece, recita: “In tutte le decisioni relative ai fanciulli, di competenza delle istituzioni pubbliche o private di assistenza sociale, dei tribunali, delle autorità amministrative o degli organi legislativi, l’interesse superiore del fanciullo deve essere una considerazione preminente”. Potremmo citare anche l’Articolo 24, comma 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, in cui è possibile leggere: “In tutti gli atti relativi ai bambini, siano essi compiuti da autorità pubbliche o da istituzioni private, l’interesse superiore del bambino deve essere considerato preminente”..
    Un caso simile a quello avvenuto a Rebibbia risale allo scorso anno, settembre 2017, quando una bambina di soli tre anni rischiò di morire nel carcere Gazzi di Messina per aver ingerito del veleno per topi. Viene da sé che siano in molti a chiedersi perché bambini così piccoli debbano crescere in una struttura carceraria. In quest’ultimo caso, quello di Messina, la bimba era con sua madre, una donna nigeriana detenuta per immigrazione clandestina. Per l’Italia, Paese che non concede visti agli Stati africani, l’unica via d’accesso è quella illegale e l’immigrazione clandestina è un reato punito con il carcere anche se hai figli piccoli che non hanno nessuno oltre te.?La detenuta che ha ucciso i suoi figli a Rebibbia stava per essere scarcerata ed evidentemente non era il carcere il luogo adatto alla sua detenzione. Era detenuta per concorso in detenzione di stupefacenti ed era nella struttura con i suoi due bambini di sei e 18 mesi. Entrambi minori di tre, età minima che consente la detenzione con il genitore. Sotto i tre anni i bambini devono essere affidati ai servizi sociali. E invece erano in carcere con la madre e non dove sarebbe stato umano ospitare tutto il nucleo familiare, ovvero in una casa famiglia protetta. I bambini non hanno commesso reati e, quando possibile, devono stare con i genitori in ambienti che siano di supporto al nucleo familiare.
    Alfonso Bonafede ha intanto sospeso la direttrice della sezione femminile di Rebibbia, insieme alla sua vice e alla vicecomandante della polizia penitenziaria perché, ha detto,: “Deve essere chiaro, nel mondo della detenzione non si può sbagliare”. È possibile poi leggere la comunicazione che fa sui social l’ex ministro Andrea Orlando, ex Guardasigilli; è lui che ha lavorato per anni alla complessa e articolata riforma, che Bonafede ha liquidato appena arrivato negli uffici di via Arenula, ed è lui che purtroppo non ha difeso quel lavoro. È lui che avrebbe dovuto azzannare il Pd e dissociarsi dai fragili compagni di partito che hanno preferito temporeggiare per timore di perdere consenso sotto elezioni. Tanto che quelle misure sono state varate dal governo Gentiloni a tempo ormai scaduto, dopo il voto del 4 marzo.?Ma rimane il fatto che i figli della detenuta di Rebibbia sono morti. Del più grande i medici hanno decretato la morte cerebrale.
    Ciò che davvero resta di un percorso politico si misura nella quantità di diritti che è in grado di difendere. La via della sinistra non è altro che questo: avere il diritto di non uccidere (non solo il dovere), il diritto di non spacciare (non solo il dovere), il diritto a non impantanarsi nell’ignoranza (non solo il merito della conoscenza). Tutto il resto è amministrazione, ordine, meccanismo di gestione.?Non ci si senta orfani di un soggetto politico che non merita rimpianti, viviamoci questa stagione “nera” provando a fare argine con le armi che abbiamo, che sono e resteranno lo studio, l’approfondimento, i dati, l’ascolto, l’empatia, il racconto. E speriamo che si riesca a ricostruire qualcosa non partendo, come molti ancora auspicano, da un figura carismatica, da chi ha più ambizione personale che coraggio, ma da quello che oggi in politica tragicamente manca: le idee. Magari liberando il campo definitivamente da leaderini che al governo sembrano conservatori di destra e all’opposizione rivoluzionari.?La riforma delle carceri si è arenata per paura di perdere consenso, sulle politiche migratorie ci si è alleati con la Libia finanziando trafficanti di esseri umani e torturatori per rincorrere chi parlava di invasione. E quel che è peggio è non aver mai rinnegato tutto questo.?I bambini nelle carceri non ci devono stare e questa, per esempio, è un’idea, un’idea da difendere. Nella riforma dell’ordinamento penitenziario cestinata da Bonafede e orfana di Orlando c’era anche questo: sessantadue bambini di cui nessuno si è voluto occupare.