Trivellazioni in Sicilia , il rapporto conflittuale tra sviluppo e progresso – di Alessandra Benassi

    news img1 66145 greenpeace-sicilia.jpgRoma- il 27 novembre il Ministero dello Sviluppo Economico pubblica il decreto che da il via alle trivellazioni nel Canale di Sicilia. 

    Il progetto prende il nome di ’’Offshore Ibelo’’ di Eni e Edison che sembra essere il perfetto risultato di un calcolo di interessi che trascura i rischi ambientali e le volontà del territorio. 

    Una strategia che richiama la manovra Sblocca Italia, in quanto ancora una volta l’interesse privato prevale sul bene comune e sul nostro collettivo patrimonio naturale. Via libera alla coltivazione di idrocarburi, alla costruzione di otto pozzi di cui due esplorativi, alla realizzazione di una piattaforma e vari gasdotti , al largo della costa delle province di Caltanissetta, Agrigento e Ragusa , un vasto territorio di 145 chilometri quadrati che la comunità internazionale ha identificato come meritevole di speciale tutela e recenti studi dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, hanno identificato come area di inestimabile biodiversità e sede di fenomeni di vulcanesimo, dunque ad alto rischio geologico.

    Greenpeace aveva fatto ricorso circa due mesi fa occupando per oltre trenta ore la piattaforma Prezioso, al largo di Licata (Agrigento) insieme a cinque amministrazioni comunali, l’Anci Sicilia, altre associazioni ambientaliste, della pesca e del turismo. La responsabile della campagna mare dell’associazione dichiara: “Questa autorizzazione è un chiaro segnale che il ministero dello Sviluppo non intende prendere in alcuna considerazione la volontà del territorio, ma solo favorire gli interessi delle grandi compagnie petrolifere, faremo ricorso anche contro questo nuovo provvedimento. È necessario che il territorio si mobiliti”.

    In tutta risposta il Mise precisa che “il progetto in esame rientra negli accordi sulla raffineria di Gela siglati a inizio mese che hanno consentito la salvaguardia di tutti i posti di lavoro e il consolidamento dell’area industriale”. Infine viene spiegato che “nella zona dei giacimenti l’attività estrattiva verrà svolta esclusivamente attraverso impianti sottomarini”.

    In tali circostanze viene da chiedersi se il termine sviluppo sia in sintonia con quello di progresso, e sopratutto se lo sviluppo economico comporti necessariamente una continuo assoggettamento dell’ecosistema.

    Non ostante le obiezioni avanzate da Greenpeace e dalle associazioni locali la compagnia petrolifera afferma che in quelle aree i cetacei sono scarsi, una constatazione oggettivamente erronea in quanto le aree prese in considerazione sono state valutate sia dalla Convenzione di Barcellona, che da quella per la tutela dei mammiferi marini (ACCOBAMS) -come zone caratterizzate da ricca e variegata presenza di specie ittiche come il gambero rosso, il gambero bianco, il nasello, la triglia di fango, l’acciuga, il tonno rosso. 

    Se sono sempre gli interessi economici a prevalere e ad avere la meglio a  questo punto possiamo anche trarre la conclusione che esistono attività economiche più rilevanti e con più potere rispetto ad altre, in quanto il decreto va anche a realizzare risvolti negativi per attività economiche come la pesca.