TROVATE IMPRONTE DI UN BIMBETTO DI 700MILA ANNI FA. LA GIOIA DEI RICERCATORI ITALIANI

    “È stata un’emozione molto intensa” ha riferito raggiante il giovane archeologo, dottore di ricerca (e prima firma dell’articolo appena uscito sugli Scientific Reports di Nature), Flavio Altamura. E’ accaduto infatti che, in un sito archeologico in Etiopia, il Gombore II-2 a Melka Kunture, un team di ricercatori italiani della Sapienza ha fatto una scoperta eccezionale: una serie di piccole orme appartenute a bambini ’vecchi’ di 700mila anni. Una scoperta che emoziona doppiamente, perché immaginare il quotidiano di un bimbo preistorico, incornicia la vicenda di una tenerezza disarmante. Il bimbo in questione forse era talmente piccolo che nemmeno camminava o, almeno, stando dalla sequenza ’fotografata’ del suo piede, si dondolava o giocava con uno dei due piedi nel terreno argilloso. Chissà vista la presenza di acqua allora in quel luogo, forse era andato a bere. Lì i suoi piedini e le dita delle manine hanno lasciato il segno. L’immagine è quella di un piede che calpesta ripetutamente il suolo, rimanendo appoggiato sui talloni. Tanto per spiegare l’eccezionalità di questa scoperta, basti pensare che i pochi precedenti che possono vantare siti con impresse le impronte umane, raramente sono andati a ritroso oltre i 300mila anni. Come spiega ancora Altamura, che su questa scoperta ha svolto il suo progetto di dottorato in Archeologia”A Gombore II-2 abbiamo quanto possa esistere di più simile ad una ’foto di vita preistorica’. Si può quasi dire che qui abbiamo, 700.000 anni fa, ’i primi passi di un bambino’, mentre il resto del gruppo ed altri piccoli si dedicavano alle attività quotidiane”. A preservare le impronte di Gombore II-2, parte di Melka Kunture, una località dell’alto bacino del fiume Awash, a 2.000 metri sul livello del mare ha concorso la sedimentazione del tufo vulcanico appunto di 700mila anni fa. Laddove ora si sta scavando, sorgeva una piccola pozza d’acqua, nella quale è presumibile abbeveravano, oltre agli ominidi, anche gli animali dell’epoca, come gli attuali gnu, gazzelle, uccellini, equidi, suidi, ed anche gli ippopotami che hanno lasciato tracce dei loro passaggi. Insomma si tratta di un luogo ’vissuto’ e colonizzato, come dimostrano diversi elementi, come la scheggiatura della pietra – ossidiana e altre rocce – di cui si formava la produzione di strumenti litici, e tracce dell’avvenuta macellazione della carne di più ippopotami. Quel che ai ricercatori appare certo, è il passaggio anche dei carnivori, venuti però dopo, a cibarsi dei resti lasciati dagli ominidi. Come spiegano infatti gli archeologi, i morsi dei carnivori sulle ossa, “si sovrappongono alle tracce lasciate precedentemente dagli strumenti di pietra che avevano tagliato la carne”. La coordinatrice della scavo, Margherita Mussi, spiega che “Gombore II-2 è importante non solo perché sono rari i siti con impronte umane, ma perché per la prima volta non abbiamo un semplice ’percorso nel paesaggio’, come a Laetoli, per esempio, ma invece un sito archeologico in cui sono documentate le attività quotidiane nel loro insieme. Inoltre – aggiunge ancora l’acheologa – per la prima volta ci sono impronte di bambini molto piccoli, che indicano la loro presenza costante anche quando gli adulti scheggiavano e macellavano”. Riguaro poi a che “che specie di ominide si tratta, perché resti fossili di Homo heidelbergensis – l’antenato comune nostro e dei Neandertaliani – sono stati trovati a breve distanza, ma in un livello archeologico più antico, risalente a 850.000 anni fa”. La Mussi, del Dipartimento di Scienze dell’antichità, tiene a sottolineare che gli scavi sono stati condotti- e li ringrazia pubblicamente – da laureandi e dottorandi del Dipartimento.Qui da anni si svolgono le campagne di ricerca di uno dei Grandi scavi di ateneo, finanziato da Sapienza e dal Ministero Affari Esteri (Foto K. D’Aut Università Liverpool).
    M.