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    Trump, i social e quel che sarà

    Dopo l’assalto al Congresso di ieri, un attacco senza precedenti in cui sono morte quattro persone, Twitter ha bloccato il profilo di Donald Trump per dodici ore; Facebook per ventiquattro. I suoi messaggi contenevano “ripetute e gravi violazioni della nostra Civic integrity policy”, hanno spiegato i responsabili del social di San Francisco. Dalla piattaforma sono stati cancellati tre messaggi. Il primo contro il vicepresidente Mike Pence, gli altri due colpevoli di istigare i suoi sostenitori all’irruzione. Un incitamento pericoloso che, in caso di “violazioni future”, potrebbe portare “ad una sospensione permanente dell’account @realDonaldTrump.

    Di fronte alle immagini di un Congresso preso d’assalto da un gruppo di manifestanti, la questione delle echo camber, le camere dell’eco, appare poco rilevante. Trump, però, fino al 20 gennaio è il presidente in carica degli Stati Uniti (25esimo emendamento a parte), e la discussione su cosa e quanto un’azienda privata può cancellare nel “dibattito politico” (se così si può chiamare) non è priva di questioni complesse, scivolose e molto importanti per il futuro delle democrazie rappresentative. Finora Mark Zuckerberg  e Jack Dorsey, proprietari rispettivamente di Fb e Twitter, si erano limitati a segnalare, in base alla distinzione vero/falso, i contenuti di un politico (soprattutto Trump negli ultimi mesi). Mai rimuovere o bloccare.

    Difficile, se non impossibile ad oggi, avere una risposta su cosa è giusto e sbagliato. Le immagini di ieri fanno pensare che il blocco e la rimozione sia la cosa più sensata. Non è censura, non è più opinione. La deontologia dovrebbe valere anche senza intermediazione. Il dibattito, però, non potrà eclissarsi nel dopo Trump, dovrà evolvere e cristallizzare regolamenti chiari, visibili e universali (forse anche legali?). Fra quattordici giorni, Trump sarà ufficialmente “solo” un ex presidente, ma la tensione di queste ore ha dimostrato che il “trumpismo”, o populismo all’americana, è destinato a durare. Così come dovrà continuare, o iniziare, un sano dibattito sulle competenze e il raggio d’azione dei nuovi media.

    Venute meno le volontà di essere solo uno scatolone pieno di parole, vere o false che siano, i social media hanno preso una posizione. Tutto ciò ha una causa e un effetto: conseguenze pienamente integrate e importanti, come si è visto, nelle società contemporanee. Quindi, per ora, non tanto cosa è giusto, ma chi deve deciderlo, appare una domanda tutt’altro che illegittima.

    Mario Bonito