Home BENESSERE SALUTE Vaccinare i giovani, sì o no? Cosa dicono gli esperti

Vaccinare i giovani, sì o no? Cosa dicono gli esperti

Vaccinare i più giovani contro il covid, è importante? E’ possibile? E da quale età? Gli esperti sono più o meno tutti d’accordo nel dire che bisogna immunizzare anche i ragazzi.  

“Se vaccinare contro il Covid nelle scuole da un punto di vista organizzativo trova concordi molti sul fatto che sia una strategia vincente, in ambito pediatrico è invece molto discussa la questione se sia indicato proprio fare il vaccino anti-Covid in questa fascia d’età. Se però è vero che non sembrano esserci sintomi molto severi in questa classe di popolazione, è anche vero che in una situazione come questa attuale lasciare una fascia d’età senza copertura fa sì che rappresenti un serbatoio potenziale di contagio. Dobbiamo ragionare in un’ottica evolutiva: andiamo verso una realtà in cui le varianti di Sars-CoV-2 aumentano e alcune ci stanno dando problemi anche nei più piccoli. Questi elementi ci spingono a considerare l’indicazione a fare il vaccino anche nelle fasce pediatriche”. E’ la riflessione di Paolo Palma, responsabile di Immunologia clinica e Vaccinologia all’ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma. “E’ vero, parliamo di una popolazione che ha un’epidemiologia bassa – dice l’esperto all’Adnkronos Salute – e i ragazzi non sono superspreader, ma anche questo dato che si infettano di meno non è del tutto vero. Sono emersi recentemente dei dati a livello di Cdc” americani, i centri per il controllo e la prevenzione delle malattie, “che mostravano come in Mississippi fra maggio e settembre 2020 gli infetti fra gli under 18 risultassero meno di 9mila in base alle segnalazioni dei medici; erano invece stimabili in quasi 114mila, sulla base di uno studio sulla sierologia”, che ha indagato la presenza di anticorpi contro Sars-CoV-2, nello stesso periodo. 

“L’obiettivo” al quale bisogna puntare nella lotta a Covid-19 “è quello di vaccinare” anche gli adolescenti “dai 12 ai 16 anni”, non appena le autorità regolatorie internazionali avranno approvato le iniezioni-scudo per questa fascia d’età, “ma anche io credo al di sotto dei 12 anni. Ovviamente il vaccino deve essere efficace e sicuro”. Lo ha sottolineato Roberto Cauda, direttore dell’Unità operativa di Malattie infettive del Policlinico Gemelli di Roma, intervenuto ad ‘Agorà’ su Rai3. Dopo che l’Agenzia europea del farmaco Ema ha annunciato l’avvio della valutazione di estensione d’uso del vaccino anti-Covid di Pfizer/BioNTech nei 12-15enni, Cauda spiega che è giusto proteggere anche i più giovani: “Assolutamente sì”, dice, precisando che “non esistono vaccinazioni che escludano delle fasce d’età. Tutte le vaccinazioni, sappiamo bene, si fanno in età pediatrica”, osserva. Inoltre “c’è questo grosso dibattito” relativo al fatto “che, se non viene vaccinata l’intera popolazione – avverte l’infettivologo – c’è il rischio che avremo una sorta di endemia nei più giovani”. Una fascia di popolazione in cui “magari la malattia” Covid-19 “non si palesa, ma ci sono le infezioni”, Sars-CoV-2 circola e il pericolo è che “prima o poi il virus vada incontro a mutazioni con varianti che possono rendere meno efficaci gli attuali vaccini”. 

“Avanti con la campagna di vaccinazione, speriamo finalmente estesa a tutti, anche ai più giovani, come abbiamo auspicato dall’inizio, per rendere la scuola sempre più sicura”. E “avanti con le azioni di sistema, da tempo invocate: trasporti innanzitutto, ora che tutti, veramente tutti, si sono accorti della loro estrema pericolosità così come sono adesso, se non vengono potenziati e resi sicuri”. Lo scrive su Facebook il direttore sanitario dell’Inmi Spallanzani di Roma, Francesco Vaia. 

“Vaccinazioni a scuola? Non sono sfavorevole. La protezione dei giovani ha poco senso in termini di prevenzione dalla malattia perché Covid 19 nei giovani sani ha una scarsa rilevanza”, però “avrebbe un’importanza significativa laddove si fosse certi che questi vaccini riducano la diffusione del contagio”. Lo dice all’Adnkronos Salute il virologo Francesco Menichetti, primario di Malattie infettive all’ospedale di Pisa. “Per ora le evidenze sono limitate – sottolinea – Ci sono elementi che suggeriscono un’efficacia in tal senso, ma non abbiamo un’evidenza di grado 1 ben consolidata e incardinata. Io ho l’impressione – afferma il virologo – che si faccia la politica vaccinale a seconda di che aria tira. E lo dico con grande rispetto, perché ho delle figlie giovani e vorrei che fossero vaccinate. Ma le politiche vaccinali vanno fatte sulle priorità e sull’efficacia dimostrata. Poi è chiaro che ti muovi anche sul filo dell’ipotesi”. 

“La situazione legata alle nuove varianti è tale da rendere importante riuscire a vaccinare anche al di sotto dei 16 anni. E’ abbastanza palese che la variante inglese, principale in circolazione, ha una incresciosa capacità di diffondersi anche tra i bambini. Questo non implica, per nostra fortuna, che si ammalino gravemente, ma fa dei bambini un serbatoio del virus, dove può continuare ad evolvere. Per questo serve bloccarne la diffusione anche in quella fascia di età. Per farlo, però, bisogna che ci sia un vaccino approvato”. A dirlo all’Adnkronos Salute Massimo Galli, direttore della clinica di Malattie Infettive dell’ospedale Sacco di Milano, commentando le dichiarazioni del Commissario per l’Emergenza Covid, Francesco Paolo Figliuolo che ipotizza la vaccinazione ai ragazzi nelle scuole. Galli ricorda, però, che c’è ancora un passo da fare . “La vaccinazione ai ragazzi è auspicabile. Ma allo stato attuale dei fatti non ci sono vaccini autorizzati al di sotto dei 16 anni. Il punto è arrivare almeno all’autorizzazione. Oggi le persone dai 12 ai 16 anni, che spesso hanno una struttura corporea paragonabile ad un adulto esile, sono fuori dalla vaccinazione perché non c’è stata una sperimentazione specifica. Mi auguro che questo ostacolo sia presto superato e che si possano vaccinare presto anche i ragazzi, con dati sperimentali disponibili. Per i bambini i tempi rischiano di essere ancora più lunghi”, conclude.