Verso le Europee 2019. I partiti euroscettici non destano preoccupazione

    Il clima politico nel nostro Paese e nel resto dell’Europa sta cambiando. Avanzo i movimenti euroscettici, mentre quelli pro-Europa perdono terreno. Se si dovesse fare una previsione in vista delle prossime elezioni europee, i partiti tradizionali e la loro forza di governo stanno perdendo favori. I partiti politici ed alternativi stanno sempre prendendo più piede, ma senza sconquassare il regime governativo europeo. Le previsioni di voto in vista per la prossima primavera rilevano che le formazioni euroscettiche e anti-Ue non sono capaci di condizionare la futura legislatura. Andando sul pratico, se le elezioni fossero programmate per il prossimo weekend, i partiti no-Euro raggiungerebbero solo 160 seggi sui 705 disponibili, ben al di sotto della maggioranza per governare il Parlamento europeo (composto da 353 seggi). A metterlo in mostra è il nuovo portale di Politico dedicato alle consultazioni Ue. Il nuovo portale online appositamente concepito per vivere il voto considerato da molti come un possibile punto di non ritorno del progetto comunitario, offre già da questa mattina la possibilità di seguire il tema del rinnovo dell’eurocamera. La novità è senza dubbio l’interattività che permette al lettore-visitatore di divertirsi a immaginare le diverse coalizioni, e creare le varie possibili maggioranze sulla base dei seggi conquistati. E qui si vede subito che le forze contrarie a questa Europa non sono capaci di avere i numeri per controllare il Parlamento. Premessa doverosa: il Parlamento europeo che si formerà nel 2019 avrà 46 seggi in meno rispetto a quello attuale. E’ una diretta conseguenza della Brexit, l’uscita del Regno Unito dall’Ue. Con l’addio britannico gli elettori di Sua Maestà non saranno chiamati alle urne, e quindi i posti in palio diminuiscono. E’ questo un fattore da non trascurare, visto che i partiti britannici euro-scettici scompariranno. A farne le spese sarà innanzitutto il gruppo dei Conservatori europei (Ecr), da dove spariranno i Tories britannici, ma sarà anche il gruppo Efdd, gruppo a cui appartiene il Movimento 5 Stelle, dove siedono gli uomini dell’Ukip (19 seggi), principale forza pro-Brexit. Secondo gli ultimi sondaggi il gruppo Efdd, stando così le cose, dovrebbe sostanzialmente tenere, e conquistare 44 scranni (contro i 42 attuali). Dovrebbe invece conquistare posti in Aula il gruppo attualmente formato dai partiti dell’ultra destra francese (il Rassemblement National di Marine Le Pen, ex Fn), olandese (il Pvv di Geert Wilders), austriaca (Fpo), dagli indipendentisti fiamminghi (Vlaans Belang) e dalla Lega Nord di Matteo Salvini. Per loro si parla di un +7,5% (da 35 a 53 seggi). Se a questi si aggiungono 57 seggi conquistati da nuovi partiti e 6 posti che si ritiene verranno occupati da non-iscritti, in totale gli esponenti di forze alternative a quelle europeiste tradizionali conquisteranno poco meno di un quarto dell’Aula. Comunque un balzo in avanti rispetto ai numeri attuali (100 seggi, ma con un Parlamento più grande). Dei tre gruppi principali – Popolari (Ppe), Socialdemocratici (S&D) e Liberali (Alde) – solo i liberali sono considerati in crescita, stando ai dati attuali. Mentre il Ppe è previsto in calo del 3,8% (-38 seggi) e l’S&D in flessione del 5,4% (-47 europarlamentari), l’Alde è quotato al +1,3%, che significa quattro seggi in più rispetto ad adesso. Il bottino però potrebbe crescere. Sono infatti previsti 18 posti per En Marche, il partito del presidente francese Emmanuel Macron, ancora in cerca di un accasamento politico europeo. Nei mesi scorsi si sono fatte insistenti le voci di un possibile ingresso di En Marche nella famiglia dei liberali europei. C’è ancora tempo per una decisione. Flessione di consensi, e di seggi, prevista anche per i Verdi europei, che a bocce ferme vedono la propria truppa perdere 16 eurodeputati, e diventare così la settima forza parlamentare (attualmente è la quinta per numero di membri). Insomma, se si andasse al voto il prossimo week-end non cambierebbe molto. Sarebbero sempre i soliti tre – Popolari, Socialdemocratici e Liberali – a scandire la vita politico-parlamentare a dodici stelle.