POLITICA

Biden e l’importanza della scelta del candidato vicepresidente

Joe Biden, ex vicepresidente di Barack Obama e candidato democratico alla presidenza degli Stati Uniti, è chiamato nei prossimi giorni a prendere una delle decisioni più importanti di tutta la sua campagna elettorale: la scelta del candidato vicepresidente. Una decisione in grado di influenzare gli esiti della elezione e l’assetto futuro del Partito democratico stesso.

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Perché? Al di là della grande importanza delle funzioni del vicepresidente, il New York Times ha scritto che la scelta non è mai stata importante come adesso. Biden ha 77 anni e finirebbe un eventuale mandato a 82 anni. Difficile possa ricandidarsi anche nel 2024, come lui stesso ha ammesso, piuttosto esplicitamente, definendosi un “candidato di transizione”. La decisione di Biden dunque, osserva il New York Times, potrebbe determinare l’agenda dei democratici “per il prossimo decennio”. Semplificando, se Biden dovesse vincere e non ricandidarsi nel 2024, l’eventuale candidato democratico alla presidenza per il successivo mandato potrebbe essere il vicepresidente. Senza passare per le primarie del partito o comunque partecipare a delle primarie meno conflittuali di quelle a cui ci siamo abituati negli ultimi cinque anni.

Inoltre Biden ha detto più volte che sceglierà come vicepresidente una donna. L’ex senatrice Claire McCaskill, commentando la potenziale decisione di Biden, ha detto: “Stai scrivendo chi sarà la prima donna presidente”. Conseguenze profonde nella storia americana che vanno ben oltre una possibile presidenza di Biden.

Il nome della candidata sarà probabilmente rivelato a luglio e avrà un peso specifico sul risultato elettorale delle presidenziali. Il testa a testa tra Biden e il presidente in carica Donald Trump, che i sondaggi nazionali danno in lieve svantaggio, potrebbe essere risolto da una scelta di Biden in tal senso.

Per questi motivi al’interno del partito e tra gli elettori è richiesto a Biden di fare un passo ulteriore e di scegliere una donna afroamericana. Biden ha vinto le primarie soprattutto grazie all’appoggio della comunità afroamericana e una scelta del genere, oltre a rappresentare un ritorno tangibile per la loro fedeltà, potrebbe risultare un fattore decisivo per la vittoria di Biden.

Biden però dovrà fare i conti anche con un’altra questione. Il partito democratico non gode della stessa unità di quello repubblicano. Si è visto nelle primarie di quest’anno e nelle elezioni del 2016 con la disfatta di Hillary Clinton. I numerosi e importanti endorsement che Biden ha ottenuto nel mese di aprile, da Bernie Sanders, Nancy Pelosi, Elizabeth Warren a Barack Obama, rappresentano un segnale di convergenza nel partito dettato dall’obiettivo di sconfiggere Trump. L’elettorato democratico invece resta fortemente eterogeneo e in parte sempre più attratto dalle idee progressiste del senatore Bernie Sanders. Biden, esponente puro dell’establishment che gode di scarso successo fra i giovani, dovrà orientare la scelta anche in questa direzione per evitare una scarsa affluenza alle urne, utile solo alla rielezione di Trump. Per questo molti ritengono che la candidata vicepresidente deve essere presa in considerazione non tanto per il colore della pelle, ma per la sua capacità di spostare gli equilibri negli Stati storicamente indecisi.

I possibili nomi

La senatrice della California Kamala Harris, la politica Stacey Abrams, la senatrice della California Elizabeth Warren, la senatrice del Minnesota Amy Klobuchar e la governatrice del Michigan Gretchen Whitmer sono i nomi più quotati. Secondo l’Associated Press, nota agenzia di stampa statunitense, sono state prese in considerazione anche la deputata della Florida Val Demings e la sindaca di Atlanta Keisha Lance Bottoms

Oltre all’indicazione della candidata alla vicepresidenza, anche la pandemia da Covid-19 avrà un ruolo primario nella corsa alla presidenza. Molto dipenderà da come Trump saprà gestire la crisi, sia sanitaria che economica, per una sua eventuale riconferma. Per il momento sembra aver aumentato il consenso tra gli elettori più conservatori, ma la sovraesposizione mediatica a cui è sottoposto in questo periodo potrebbe rappresentare un’arma a doppio taglio per la campagna elettorale.

Mario Bonito