Rovescia la verità su un libro, senza filtri. Chi vuole leggere un testo di qualcuno senza peccati passi ad altro, dice Alex Schwazer, mettendosi a nudo penna alla mano: “Ero un tossico, andavo in Turchia per doparmi”, ha scritto nella sua autobiografia “Dopo il traguardo”, edita da Feltrinelli, in cui ripercorre vita e carriera.
Le rivelazioni sono scottanti: “Innsbruck-Vienna, Vienna-Antalya. A Carolina Kostner e ai miei genitori ho detto che sarei andato a Roma, alla Fidal. Ho tenuto il cellulare acceso anche di notte, per evitare che partisse il messaggio della compagnia telefonica turca. Ragionavo già da tossico. O meglio, sragionavo. Ed ero pronto a mentire, perché doparsi vuol dire anche mentire”.
Il doping è stato la sua rovina. Lo ha prima annientato, poi trascinato in un nuovo scandalo su cui ancora non si è fatta chiarezza. Il marciatore altoatesino, uno dei più forti nella specialità, non nasconde niente. Non ha paura di mostrare le sue fragilità, i suoi mostri interiori. Li mette in pagina con la speranza che vengano assorbiti.
Su Carolina Kostner scrive: “Mi ha mandato un messaggio per invitarmi a una festa a Ortisei, per l’argento di Göteborg: il suo primo, vero, grande successo. Ancora non ci conoscevamo. Le ho risposto che dovevo allenarmi e, per non fare brutta figura, mi sono offerto di andare a trovarla a Torino. Dopo una pizza e due bottiglie bevute quasi da solo, le ho rovesciato il drink addosso. Abbiamo fatto le cinque del mattino. Eravamo in sintonia. La mia solitudine era molto simile alla sua”.