ECONOMIA

Coronavirus, perché negli Usa ci sono tanti disoccupati?

Dall’inizio della pandemia negli Stati Uniti il tasso di disoccupazione ha quasi raggiunto il 15%. Trentasei milioni di persone che da un giorno all’altro hanno perso il lavoro e fatto richiesta per i sussidi di disoccupazione. Un dato senza precedenti dal dopoguerra ad oggi e la più concreta conseguenza delle misure restrittive adottate per contrastare il coronavirus. Ma perché l’aumento della disoccupazione è più alto che in Europa?

A questa domanda ha dato una risposta Gavyn Davies, presidente di Fulcrum Asset Management, cofondatore di Active Partners e Anthos Capital ed ex capo del dipartimento di economia globale della Goldman Sachs.

Come mai, si chiede Davies in un articolo sul Financial Times, l’Europa ha aspirato per decenni al mercato del lavoro americano, ma sta uscendo dalla pandemia con le ossa meno rotte?

Nel bimestre marzo-aprile in Germania hanno perso il lavoro circa 373.000 persone. Il tasso di disoccupazione è passato dal 5% al 5.8%: un aumento dello 0.8%. Anche il Regno Unito, nonostante non se la stia passando bene, è lontano dalle cifre raggiunte negli Stati Uniti. Lo stesso discorso vale anche con la Spagna.

Secondo Davies le differenze nascono da due fattori: uno strutturale, l’altro sopravvenuto. Il primo è collegato a una della caratteristiche principali del mercato del lavoro americano: la flessibilità. Basato sul cosiddetto ‘hire-and-fire’, ovvero una struttura elastica di assunzione e licenziamenti, per le imprese è più facile licenziare (e assumere). Il secondo è derivato dalla scelta delle misure adottate dal governo per contrastare la crisi.

Se in Europa, generalmente, gran parte degli aiuti è stato rivolto alle imprese per mantenere i lavoratori occupati (anche se non più a tempo pieno), negli Stati Uniti il sostegno economico è stato diverso. Più alto, ma indirizzato direttamente ai ‘nuovi disoccupati’. Come spiega Davies anche oltreoceano sono arrivati aiuti alle piccole e medie imprese per non far licenziare i lavoratori, ma in misura molto meno massiccia rispetto ai programmi europei.

La paura è che il tasso di disoccupazione continui a salire ancora prima di scendere. Il presidente della Federal Reserve, Jerome Powell, ha previsto una ripresa economica molto lenta. Di certo non prima dell’ultimo trimestre dell’anno. Più fiducioso Donald Trump: “È un crollo atteso – ha detto qualche giorno fa ai microfoni di Fox News – ma quei posti di lavoro torneranno presto”. Per il momento però la situazione non sembra guardare in quella direzione.

“Ironia della sorte – scrive Davies in chiusura – la flessibilità del mercato del lavoro statunitense, che è stata a lungo la sua maggiore risorsa rispetto all’Europa, potrebbe essere diventata un handicap durante l’attuale crisi”.

Mario Bonito