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Taser, prossimo l’ok. Ecco cosa è e come funziona

Ora tocca al Consiglio di Stato, dopo di che tornerà sul tavolo del Consiglio dei Ministri per pote essere approvata definitivamente. Stamane infatti il Cdm ha dato il via libera alla regolamentazione che disciplina l’adozione del taser da parte delle forze dell’ordine.
Ma prima che si arrivasse al quasi ok di oggi, nel nostro Paese la pistola a impulsi elettrici ha dovuto passare attraverso lunghe prove pratiche ed estenuanti ‘cifrari’ giuridici.

Ma cosa è e come funziona il taser?

In Italia si appresta soltanto adesso a divenire parte integrante delle dotazioni delle forze dell’ordine, ma in realtà il taser esiste addirittura dal 1969, quando Jack Cover realizzò il primo ‘prototipo’. Con gli anni il perfezionamento ha infatti sviluppato il ‘principio base’ che, grazie alle modifiche definitive, apportate nel 1998, oggi ne fa il dispositivo ideale, grazie alla possibilità di poter totalmente immobilizzare un individuo, rendendolo inoffensivo.
Il suo nome nasce dall’acronimo del suo ‘perfezionatore’ e produttore su larga scala: l’inglese Thomas A. Swift’s Electronic Rifle, che potremmo tradurre come il “fucile elettronico di Thomas A. Swift”. In pratica è un vero e proprio ‘storditore elettrico’ in quanto, attraverso l’elettricità, riesce a ‘paralizzare i movimenti’ dell’individuo colpito, per effetto della contrazione muscolare.
Nello specifico, il taser ‘spara’ due micro dardi, che non seguono traiettorie parallele, così da allontanarli uno dall’altro, in quanto più sono distanti e più ciascuno ‘in solitudine’ esercita maggior efficacia. Attraverso dei fili rimangono collegati alla ‘pistola’ che, tramite impulso, li alimenta generando una scarica ad alta tensione, ma a bassa intensità di corrente. A rendere efficace l’effetto è che, senza necessariamente toccarne le carni, basta che i dardi si aggancino ai vestiti della persona colpita per trasmettere ‘la scarica’. Inoltre, visto che l’elettricità passa soltanto attraverso i due fili, è possibile toccare la persona immobilizzata senza rischiare la scossa, così da poterla disarmare ed ammanettare in grande sicurezza.

L’Onu annovera il taser fra gli strumenti di tortura

In America è in uso da decenni ma da noi, come raccontato, ha dovuto vincere mille ritrosie, e soprattutto altrettanti dibattiti. E forse a ragione, visto che il taser è stato inserito dall’Onu nella lugubre lista di cui si compone l’armamentario degli strumenti di tortura. A tal proposito da anni Amnesty International si batte contro questo dispositivo, avendone constatato l’assoluta pericolosità in quanto, soltanto negli Stati Uniti, è stato ritenuto responsabile di centinaia di morti. E’ anche vero che accurati studi clinici hanno appurato che la maggior parte dei decessi era da imputare ai disordini cardiologici dei quali mostravano soffrire i soggetti colpiti. Ma è proprio questo il punto: come sapere se chi si sta per colpire – sempre che ne sia a conoscenza – abbia o meno problemi cardiaci? Forse al classico “mani in alto” sarà più ragionevole opporre un più rassicurante: “soffri di cuore?”…

I cardiologi: “Il rischio di uccidere è minimo”

In merito agli ‘effetti collaterali’ che il taser potrebbe comportare, il dibattito è sempre aperto. Come poi leggeremo, è purtroppo capitato più volte che in centinaia di casi la ‘scarica’ ha compromesso le funzionalità cardiache del soggetto colpito, uccidendolo. Dunque è rischioso per il cuore? Tempo un cronista dell’agenzia di stampa Ansa girò la domanda ad un esperto come il direttore del Centro studi dell’Associazione nazionale medici Aldo Pietro Maggioni, secondo il quale, “Per il cuore i rischi conseguenti una scarica di un taser, sono minimi, anche se la prudenza raccomanda di evitare di indirizzare il dispositivo verso l’area del cuore. In linea di massima – ha aggiunto il medico – questi dispositivi sono sicuri se rispettano gli standard indicati dai costruttori, i rischi maggiori descritti in letteratura sono soprattutto oculari, se viene colpito l’occhio, e legati alle cadute, se questo paralizzare la muscolatura dovuto alla scarica fa cadere per terra la persona colpita. Gli studi scientifici riportano anche da quattro a dieci casi di arresto cardiaco, in cui in alcuni casi la persona colpita era portatore di pacemaker, ma sono solo dei ‘case reports’, non dei veri studi clinici, quindi si tratta di pochissimi casi ma non si sa su che campione di popolazione. Certo, il principio di precauzione imporrebbe comunque di non usarli in maniera indiscriminata“.
Dal canto suo Francesco Romeo, past president della Società Italiana di Cardiologia, asserisce che seppure il taser colpisse un portatore di pacemaker, i rischi sarebbero minimi, in quanto “Questi dispositivi hanno un alto voltaggio ma con un amperaggio molto basso. Anche se dovessero inibire un pacemaker il tempo della scarica è così basso che non succede niente, inoltre nella struttura di un pacemaker ci sono mezzi di protezione da eventuali scariche. Se si colpisce in periferia non interferisce sicuramente con il pacemaker, mentre se la scarica viene localizzata sull’area del device un rischio teorico c’è ma è bassissimo. Certo, la precauzione di non indirizzarla al cuore ci deve essere“.

La lunga trafila all’uso del taser nel nostro Paese

Intanto è bene chiarire subito che, in termini di legge ‘da noi’ il taser viene considerato come arma propria, dunque non arma da fuoco. Tanto è che la sua importazione deve essere affiancata da un’apposita licenza. Una situazione controversa perché possono sì essere acquistati nelle armerie, ma non essere poi portate addosso come difesa personale.
A tal proposito già nel 1997 il Ministero dell’interno ha provato a farne chiarezza sull’acquisto e l’uso attraverso una circolare, che spiegava quali autorizzazioni erano necessarie. Soltanto nel 2014 si pensò di poterne fare un uso ‘deterrente’, dotando le forze dell’ordine della pistola elettrica, non letale (anche se, come visto, le cose non stanno proprio così). Seguono intanto anni di prove e sperimentazioni.
Arriviamo quindi al 4 luglio 2018, ed il Ministero dell’Interno decide di avviare l’uso sperimentale del taser, affidandola all’Arma dei Carabinieri, alla Guardia di Finanza, e alla Polizia di Stato. Così, dal settembre dello stesso anno il taser compare sulla cintola di agenti e militari di 12 città italiane: Milano, Napoli, Genova, Torino, Bologna, Firenze, Palermo, Catania, Padova, Caserta, Reggio Emilia e Brindisi. Accertate le reali potenzialità ‘dell’arma’, ed abbondantemente saggiatene le modalità d’uso, è quindi seguito un vero e proprio periodo di formazione, culminato con la consegna del taser ai corpi delle forze dell’ordine di diverse città.
Max