Vertice APEC, Obama in Cina ricorda la Trans Pacific Partnership – di Zhang zimeng

    imageIl 10 novembre, primo giorno di vertice dei leader dell’Apec, l’Asia Pacific Economic Cooperation che raggruppa i leader delle 21 economie che si affacciano sul Pacifico e altri 17 leader regionali. Il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, e’ arrivato a Pechino questa mattina, ora locale, per prendere parte al vertice, e per discutere,mercoledi’ prossimo, con il presidente cinese, Xi Jinping. Ad affrontarsi, sono due diverse visioni del futuro della parte di mondo piu’ dinamica economicamente, che conta per circa il 54% del prodotto mondiale lordo e il 40% della popolazione mondiale: il sogno Apec, enunciato ieri dal presidente cinese, Xi Jinping, contro il ribilanciamento strategico verso il continente asiatico di Washington, il pivot in Asia dell’amministrazione Obama, che dal 2010 l’amministrazione statunitense utilizza per stringere legami diplomatici e militari con i Paesi dell’Asia orientale.
    L’istituzione di un’area di libero scambio tra i Paesi dell’Asia Pacifico e’ uno dei punti chiave del summit. Una free trade zone potrebbe contribuire ad aumentare i numeri dell’economia regionale di 2400 miliardi di dollari, secondo le stime dei giorni scorsi. La realizzazione della FTAAP, la Free-Trade-Area dell’Asia-Pacifico non e’ pero’ ancora giunta in fase di negoziazione. Un comunicato dei ventuno ministri degli Esteri dell’Apec di sabato parla di “studio strategico” dell’iniziativa, e non di uno “studio di praticabilita’”, che implicherebbe il via a un processo di negoziazione per l’accordo finale. Gli Stati Uniti spingono, invece, sul processo di formazione di un’altra area di libero scambio, la Trans-Pacific Partnership (TPP) che comprende dodici Paesi della regione, ma non la Cina.
    La missione asiatica di Barack Obama, che comprende la tappe di Pechino, Naypidaw in Birmania per il vertice con i Paesi del sud-est asiatico, e Brisbane in Australia per prendere parte al G20, servira’ per spingere sul trattato regionale su un recupero del ruolo di Washington nella regione. Dal 2007, gli Stati Uniti non sono piu’ il primo partner commerciale del sud-est asiatico, surclassati proprio dalla Cina, che ha quasi doppiato gli Usa lo scorso anno per volume di scambi con la regione: 400 miliardi di dollari contro i 206 miliardi degli Stati Uniti. La Casa Bianca ha anche ieri ridimensionato le possibilita’ di un accordo, per differenze di vedute tra i vari Paesi, a cominciare dal Giappone. Il primo ministro di Tokyo, Shinzo Abe, ha pero’ riaperto la porta alla possibilita’ di un accordo nonostante le alte tariffe imposte sui prodotti agricoli, a cominciare dal riso, gravato da tasse al 778%. A Pechino, oggi, Obama ha rilanciato il patto, parlando di “risultato storico” qualora venisse raggiunto. I percorsi di Xi Jinping e Obama si incrociano ancora una volta, dopo il meeting dello scorso anno a Sunnylands, in California, con al centro il tema della sicurezza informatica e il caso Snowden, la talpa della National Security Agency che aveva denunciato, da Hong Kong, lo spionaggio informatico statunitense ai danni della Cina. Obama e’ giunto a Pechino in un momento di debolezza in patria, dopo la sconfitta del Partito Democratico alle elezioni di meta’ mandato, mentre Xi Jinping ha avviato un percorso di riforme in economia e all’interno del PCC. Xi Jinping e’ il presidente del “sogno cinese”, un concetto che si richiama ai concetti di prosperita’ e rinascimento nazionale, da declinare insieme al calo della crescita e allo slittamento del modello sviluppo. Xi Jinping ha allargato il concetto di Sogno cinese anche all’Asia-Pacifico, parlando per la prima del sogno Apec, condiviso dalla “comunita’ di destini” dei Paesi che si affacciano sul Pacifico, cogliendo l’occasione per rassicurare la platea di alti dirigenti sulla tenuta della Cina anche in caso di un ulteriore rallentamento del tasso di crescita al 7%.
      Cina e Stati Uniti, al di la’ delle differenze sui rispettivi ruoli in Asia, hanno in agenda punti comuni: uno di questo e’ la lotta ai cambiamenti climatici, ricordata come una priorita’ nei giorni scorsi dallo stesso Segretario di Stato Usa, John Kerry e in cima all’agenda di Pechino da diverso tempo. Questi giorni potrebbero essere decisivi per raggiungere una posizione comune sul tema, in vista degli impegni internazionali di Lima, a dicembre, e della conferenza di Parigi, del prossimo anno.
      L’importanza del tema e’ stata sottolineata dallo stesso Kerry la scorsa settimana, che aveva chiesto una “grande cooperazione” tra Cina e Stati Uniti. Molto piu’ difficile, invece, il raggiungimento di un risultato apprezzabile in termini di sicurezza informatica. Dopo l’ultimo incontro, avvenuto a Boston il mese scorso, tra lo stesso Kerry e Yang Jiechi, consigliere di Stato cinese con delega agli affari internazionali, la posizione cinese rimane di sostanziale diffidenza nei confronti degli Stati Uniti. Yang aveva fatto cenno a “pratiche statunitensi sbagliate” che rendono difficile la ripresa del dialogo in questo momento. Obama ha poi affrontato con i giornalisti presenti al meeting, il tema delle proteste di Hong Kong, riconoscendo il diverso punto di vista di Stati Uniti e Cina sulla questione. “Non ci aspettiamo che la Cina segua un modello americano” ha detto il presidente che ha sottolineato come la principale preoccupazione dell’amministrazione statunitense, nei giorni caldi della contestazione, fosse quella evitare che le proteste degenerassero in violenze. Una nota positiva arriva dalla questione dei visti, estendendo fino a cinque anni la durata per i cittadini cinesi che si recano negli Stati Uniti per motivi di lavoro o di studio. Dopo avere annunciato l’iniziativa, Obama ha dichiarato che gli Usa accolgono con favore la crescita di una Cina “prospera, pacifica e stabile”, ma ha contemporaneamente chiesto al governo di Pechino di creare un ambiente interno piu’ favorevole al business e alle imprese straniere presenti sul territorio cinese.

    Il 12 novembre, Gli Stati Uniti non hanno alcun ruolo nelle proteste di piazza in atto da piu’ di sei settimane a Hong Kong. Lo ha affermato oggi da Pechino il presidente americano Barack Obama, nella conferenza stampa congiunta con l’omologo Xi Jinping. Le autorita’ cinesi, cosi’ come i media ufficiali, hanno accusato forze straniere e gli Occidentali di sostenere il movimento Occupy Central, che chiede maggiore democrazia nell’ex colonia britannica. Ho detto chiaramente che gli Stati Uniti non hanno alcun ruolo nell’alimentare le proteste in corso a Hong Kong, ha detto Obama.