Home ATTUALITÀ Venerdì 17 porta sfortuna? Oggi il giorno della superstizione, ecco come nasce

    Venerdì 17 porta sfortuna? Oggi il giorno della superstizione, ecco come nasce

    Oggi è venerdì 17 gennaio 2020 e fra vera superstizione, paura profonda o goliardia, quasi tutti gli italiani si chiederanno cosa potrà accadere in questa giornata, che con secoli di tradizioni tramandate ormai è considerata la giornata porta sfortuna per antonomasia.

    Un fenomeno che, a quanto risulta, contraddistingue solo il nostro Paese; nel mondo anglosassone si ha un equivalente con il venerdì 13, un’eredità medievale in quanto si racconta che proprio in tale giorno venne dato avvio allo sterminio dei cavalieri templari.

    Eptacaidecafobia: cos’è, come nasce la paura che oggi, il giorno venerdì 17, porta sfiga

    La paura del venerdì 17 ha anche un nome ufficiale, eptacaidecafobia, a dimostrazione che per molte persone questa giornata non rappresenti affatto uno scherzo o un tema leggero di cui parlare al bar. Accanto a tale paura e credenza, nei secoli si sono sviluppate numerose condotte e pratiche, come quella di sospendere qualunque impegno e chiudersi in casa, fino a dotarsi dei più svariati oggetti e amuleti.

    Una tendenza che negli anni è diventato anche un vero business fra ferri di cavallo, cornetti porta fortuna, quadrifogli, zampe di coniglio, gobbi e chi più ne ha più ne metta.

    Le origini di tale fenomeno sarebbero addirittura nel Vangelo, visto che proprio di venerdì avviene la morte di Gesù Cristo, un evento che si abbina, tradizionalmente, al fatto che nella Bibbia il Diluvio Universale inizi proprio il giorno 17 del secondo mese.

    Ma il numero 17 era osteggiato già nell’Antica Grecia, come eredità dei pitagorici che mal sopportavano tale numero fra il 16 e il 18, “amati” in quanto rappresentazione dei quadrilateri 4×4 e 3×6.

    Vuoi o non vuoi, nella storia successiva tantissimi eventi nefasti sono accaduti proprio il 17 e tanti altri elementi depongono a sfavore di tale numero, bollandolo come “porta jella”. Basti pensare alla Smorfia napoletana che lo abbina alla “disgrazia“, oppure alla scrittura romana del 17, XVII, che anagrammato diventa “VIXI“, ovvero “ho vissuto”, iscrizione che si usava apporre sulle lapidi.