Abuso d’ufficio, Di Maio al contrattacco

    A poca distanza dalle ultime esternazioni di Matteo Salvini e a pochi giorni dalle Europee, il ministro Luigi Di Maio parla attraverso il proprio canale facebook del tema d’attualità del reato di abuso d’ufficio. “Il reato di abuso d’ufficio esiste quando un incaricato di pubblico servizio, un dirigente o un politico ad esempio, nello svolgimento delle sue funzioni fa qualcosa che, intenzionalmente, procura a sé o ad altre persone a lui vicine un vantaggio ingiusto, arrecando ad altri dunque un danno.”, parte in quarta Di Maio tramite il noto social network a cui spesso si affida per esternare il proprio pensiero. Poi, il ministro si lascia andare a un esempio nello specifico. “Un sindaco, un ministro, un presidente di Regione o un qualsiasi altro dirigente pubblico che fa assumere sua figlia per chiamata diretta, invece di convocare una selezione pubblica e dare a tutti la possibilità di ambire a quel posto di lavoro.”

    Abuso d’ufficio, Di Maio al contrattacco: no alla abolizione

    Da lì, parte la ruvida stoccata. “Ieri ho sentito dire da qualcuno che questo reato lo si vuole abolire. È forse un modo per chiedere il voto ai condannati o per salvare qualche amico governatore da una condanna?”, tuona dalle colonne del suo profilo social il ministro, che poi corrobora con veemenza. “Io dovrei stare zitto davanti a queste affermazioni? Dovrei stare zitto davanti a chi apre ai raccomandati, a chi chiude le porte al merito, a chi favorisce qualcuno solo perché ha avuto qualcosa in cambio? E poi ci lamentiamo dei cervelli in fuga e dei nostri ragazzi che devono espatriare per cercare un lavoro?”, prosegue il ministro grillino, a cui non mancano le parole per ulteriori chiarimenti nel merito. “È un reato in cui cade spesso chi amministra, è vero, ma se un sindaco agisce onestamente non ha nulla da temere. Non è togliendo un reato che sistemi le cose.”, dice, per poi spingersi oltre. “Il prossimo passo quale sarà? Che per evitare di far dimettere un sottosegretario togliamo il reato di corruzione?”, sostiene, facendo evidentemente riferimento ad alcuni casi recenti. Ma Di Maio ne ha per tutti. “Il colmo è che, se parlo, qualcuno fa la vittima e dice che insultiamo; se non parlo però siamo conniventi. Ma di fronte a questa stupidaggine io non posso tacere. Chi l’ha detto stavolta ha toppato alla grande.”