CAMERE COMMERCIO, ABATE (UNIONCAMERE): CON TAGLIO DIRITTI PIL LAZIO -0,3%

     Il processo di autoriforma che le Camere di Commercio stanno attraversando e il taglio del 50% del diritto annuale versato dalle imprese iscritte, previsto nel dl 90/2014 in fase di conversione: sono i temi affrontati nell’incontro dal titolo “Un sostegno per il sistema produttivo del Paese”, in corso al Tempio di Adriano e convocato dal presidente di Unioncamere Lazio, Vincenzo Zottola. L’appuntamento odierno rappresenta anche un’occasione per riepilogare funzioni ed operatività del sistema camerale. “Le Camere di Commercio sono enti pubblici dotati di autonomia funzionale il cui finanziamento non grava sul bilancio statale, ma è garantito principalmente dai ’Diritti di Segreteria’ e dal ’Diritto annuale’ versato dagli iscritti nel registro delle imprese, pari a 126 euro, di cui 72 tornano alle imprese stesse in intervento economici”, ha spiegato Pietro Abate, segretario generale Unioncamere Lazio. Proprio per questo motivo, il dimezzamento del diritto annuale “comporterebbe un risparmio esiguo per le imprese – ha evidenziato – ed un forte decremento degli investimenti per lo sviluppo delle economie locali. Le Cciaa del Lazio, in particolare, avranno a disposizione 40 milioni di entrate in meno, e questo per due Camere di commercio della Regione, significherebbe non riuscire ad assicurare la copertura dei costi della struttura (personale e funzionamento)”. Tra gli altri effetti negativi della riduzione del Diritto annuale, “si stima una contrazione del Pil del Lazio pari allo 0,3% – ha continuato Abate – corrispondenti ad una perdita di circa 400 milioni di euro”. I rischi sono anche occupazionali: “Tra gli occupati diretti del sistema camerale, si stimano oltre 250 unità di personale di diritto pubblico potenzialmente in esubero, che lo Stato dovrebbe riallocare. Tra gli occupati di diritto privato in forza presso il sistema camerale del Lazio (aziende speciali, unione regionale e società partecipate) invece, sono circa 400 le unità a rischio. Lo stesso vale anche per alcune migliaia di dipendenti delle imprese locali, a seguito dell’impatto recessivo per le economie territoriali causato dalla riduzione degli investimenti camerali”. Infine, gli effetti negativi del dimezzamento del Diritto annuale influiranno anche sulla Spesa pubblica: “per il Bilancio dello Stato – ha evidenziato Abate – l’aggravio complessivo e’ stimabile in circa 18 milioni di euro, di cui 12 per i costi del personale camerale in esubero e 6 per minori versamenti obbligatori che le Cciaa non potranno più effettuare e per minori imposte e tasse”. Passando quindi alle proposte di intervento, Unioncamere lancia l’idea di “sostituire l’articolo 28 rendendo graduale, e quindi sostenibile, la riduzione delle entrate dal Diritto annuale spettante alle Camere”. Queste ultime, infatti, “non si sottraggono alla sfida della riduzione del Diritti annuale, ma ritengono che questo debba avvenire gradualmente in almeno tre anni – ha spiegato ancora Abate – per attuare i necessari adeguamenti e garantire la sostenibilità economica dell’intero sistema camerale”. Unioncamere propone quindi di arrivare al taglio del 50% passando per tre tappe: “Il 30% nel 2015, il 40% nel 2016 ed il 50% nel 2017”. Infine, nell’ambito del loro processo di autoriforma, le Cciaa chiedono di conservare la gestione del Registro delle imprese e di dare la possibilità ai singoli enti di “deliberare una maggiorazione degli importi dei diritti di segreteria fino ad un massimo del 20% rispetto a quelli determinati con decreto ministeriale – ha concluso Abate – a fronte di dimostrare esigenze di copertura dei costi dei servizi erogati”.