Contribuenti nel mirino di Agenzia delle Entrate e Guardia di Finanza, con accertamenti e perquisizioni

    I soldi degli italiani sono tenuti sempre più d’occhio dall’Agenzia delle Entrate. Oggi gli strumenti di polizia consentono perquisizioni non solo per fondato sospetto di possesso di droga e armi, ma anche per denunce anonime d’occultamento di quantitativi di valuta che superino i 3.000 euro (delle somme necessita dimostrarne la provenienza con estrema precisione). Ecco che i conti correnti degli italiani sono sotto più stretta osservazione da parte dell’Agenzia Entrate. In base alla legge, l’accertamento può spingersi fino al 31 dicembre del quinto anno successivo alla presentazione della dichiarazione dei redditi. Vi sono tre elementi che hanno accresciuto il controllo dei conti correnti da parte dell’Agenzia delle Entrate. Il primo riguarda le nuove regole sui controlli stessi, il secondo le regole sulle operazioni e gli strumenti (in parte rivisti anch’essi) e poi le sentenze favorevoli sugli accertameti. Su quest’ultimo punto rammentiamo che, sono preferenzialmente sotto osservazione i conti correnti dei soggetti sottoposti ad indagini di polizia o in attesa si sentenze (civili, penali, amministrative e tributarie)
    Quindi Agenzia delle entrate e Guardia di finanza dispongono di maggiori spazi di manovra per controllare i conti correnti dei contribuenti. Questo lo si deve a recenti sentenze della Corte di cassazione in merito ad acquisti di prodotti di valore, all’obbligo d’analisi dei conti correnti, alla comunicazione di tutte le operazioni maggiori di una certa soglia e, non ultimo, l’incrocio tra banche dati. Dettaglio non secondario è che, nel mirino non sono le imprese di grandi dimensioni, ma artigiani, commercianti, lavoratori occasionali e professionisti. Infatti la grande impresa o i grandi gruppi non genererebbero controlli e sospetti da parte del fisco. Tra i piccoli, indipendentemente dai guadagni percepiti, s’anniderebbe l’evasione fiscale.
    Stando alle regole in vigore, viene attenzionato chi trasferisce denaro contante o di libretti di deposito bancari o postali (al portatore o titoli al portatore in euro o in valuta estera) per un valore complessivamente pari o superiore a 3.000 euro. Poi gli assegni bancari e postali emessi per importi pari o superiori a 1.000 euro devono recare l’indicazione del nome o della ragione sociale del beneficiario, e la clausola di non trasferibilità. Infine, il saldo dei libretti di deposito bancari o postali al portatore non può essere pari o superiore a 1.000 euro.
    La legge non ammette ignoranza e di conseguenza occorre molta attenzione nei comportamenti contabili. Anche perché l’onere della prova spetta al contribuente che si difende e non all’Agenzia delle entrate. Tanto per fare un esempio, se il titolare di un conto versa una somma maggiore del proprio stipendio mensile, il fisco può fare scattare gli accertamenti o comunque una richiesta di chiarimenti (nel frattempo il conto potrebbe essere bloccato d’autorità). Quindi tutti i versamenti su conti correnti sono considerati redditi imponibili.
    Per esempio, se una fattura di 5.000 euro viene saldata in contanti, allora vengono violate le regole. Stessa cosa se un privato deve corrispondere 5.000 euro alla colf e vuole pagare in contanti. Ma questi ultimi casi devono essere accertati. Ecco che i pagamenti in nero tornano di gran moda, e la gente evita di versare soldi sui conti correnti.