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“Il lockdown? E’ stato un grave errore”. Virologo inglese boccia le misure sul Covid

Il lockdown? Un clamoroso errore che sta provocando gravi danni sul piano sociale ed economico e che, di fatto, ha prolungato la durata dell’epidemia di Covid-19. A sostenerlo non è un pericoloso no-vax o un folle negazionista ma uno dei più importanti e autorevoli virologi del mondo: Mark Woolhouse, esperto di malattie infettive all’Università di Edimburgo, che in un libro fotografa tutti gli errori fatti dai sedicenti esperti e dai governi nel tentativo di fronteggiare l’epidemia.

Epidemia pericolosa solo per anziani e malati
L’atto di accusa è contenuto in un libro che verrà pubblicato nei prossimi giorni e che promette già di far discutere: in “The Year the World Went Mad: A Scientific Memoir” (L’anno in cui il mondo impazzì: una memoria scientifica), il professor Woolhouse spiega per quale motivo le lunghe chiusure e i confinamenti per battere il Covid siano stati un clamoroso errore e abbiano portato più guai che benefici. Per il docente universitario, uno dei maggiori epidemiologi del Regno Unito, l’errore più grave è stato quello di pensare che il Covid “colpisse tutti” mentre, nella realtà, non si è mai vista un’epidemia più selettiva: “In effetti – spiega Mark Woolhouse in un’intervista al quotidiano ‘The Guardian’ – questo virus è molto discriminatorio: alcune persone sono molto più a rischio di altre, per esempio chi ha più di 75 anni è 10.000 volte più a rischio di quelle che hanno meno di 15 anni”. Nel libro, l’epidemiologo ricostruisce anche le circostanze che portarono all’errore: era il 10 marzo 2020, poche settimane dopo l’inizio dell’emergenza, quando durante una riunione del governo il Segretario di Stato per le comunità e i governi locali del Regno Unito, Michael Gove, disse in sostanza che il virus non avrebbe discriminato nessuno e che “tutti erano a rischio”. Uno sbaglio gigantesco ma da quel momento le autorità britanniche iniziarono ad adottare decisioni errate come l’imposizione di blocchi generali di lunga durata.

“Mascherine e test avrebbero contrastato il virus”
Sia chiaro, Londra è in buona compagnia: di fatto tutto il mondo ha sbagliato strategia, forse perché “ipnotizzato” di fronte ad una malattia all’epoca ancora poco conosciuta e che ha gettato tutti nel panico, peggiorando ulteriormente la crisi. Ancihé adottare contromisure di precisione, salvaguardando solo chi era veramente a rischio, la comunità internazionale ha fatto esattamente l’opposto bloccando tutto mentre sarebbe stato meglio rendere più sicuri i contatti tra le persone, invece che vietarli: “Le mascherine e i test – continua il professor Woolhouse – sarebbero stati sufficienti a tenere a bada il virus. E invece abbiamo arrecato gravi danni ai nostri bambini e ai giovani adulti, che sono stati derubati della loro istruzione, del lavoro e della loro esistenza normale e hanno anche compromesso le loro prospettive future, ereditando una montagna di debito pubblico senza precedenti. Il tutto per proteggere il servizio sanitario nazionale da una malattia che rappresenta una minaccia molto, molto più grande per gli anziani, i fragili e gli infermi che per i giovani e i sani.” Nel libro, l’epidemiologo ritiene che la decisione di bloccare tutto sia stata una scelta “pigra”, adottata perché non si era in grado di attuare misure di contenimento più adeguate: del resto, grazie alla tecnologia, la scelta di fermare il mondo non avrebbe comportato il collasso dell’intero sistema perché la società poteva comunque continuare a vivere con gli acquisti online, con lo smartworking o le piattaforme di chat e videoconferenze.

Chiudere tutto non ha evitato comunque i morti
Il giudizio del docente dell’Università di Edimburgo è tranchant e ancora oggi andrebbe ascoltato: “Le chiusure non sono mai una politica di salute pubblica – dice Mark Woolhouse – ma rappresentano un fallimento della politica sanitaria. Ma questo non significa che si sarebbe dovuto dare retta a chi proponeva di lasciare circolare liberamente il virus, inseguendo l’immunità di gregge: una simile strategia avrebbe portato a un’epidemia più diffusa di quella sperimentata nel 2020, perché mancava del tutto un piano per proteggere le persone più vulnerabili. In alcuni paesi, come la Svezia, si è puntato sulle modifiche volontarie dei comportamenti, che dopo qualche difficoltà iniziale hanno funzionato”. E invece sappiamo come è andata: per mesi, decine di milioni di persone in tutto il mondo sono state tenute in cattività, anche se non c’era uno straccio di fondamento scientifico a giustificare una misura così radicale, con gravi conseguenze sul piano economico e psicosociale ma senza che questo servisse davvero a evitare che decine di migliaia di persone morissero. E’ il caso degli anziani e delle persone fragili, ma anche di chi avrebbe dovuto accudirle: per Woolhouse bisognava investire sia nella soppressione che nella protezione, ma si è scelta una sola strada. Almeno oggi abbiamo imparato la lezione? A leggere quanto l’epidemiologo scrive sul proprio libro pare proprio di no. Anzi. Con la variante Omicron tutto è diventato ancora più caotico: “E’ una variante molto meno pericolosa ma in tv non si fa altro che elencare con aria preoccupata il numero dei contagiati”. Insomma: si ripetono i vecchi errori e ci si lascia prendere ancora una volta dal panico, invece di proteggere chi ne ha bisogno e permettere agli altri di voltare pagina per dimenticare un virus che, dopo l’emergenza sanitaria, ci lascerà in eredità macerie economiche e psicologiche per una fetta molto ampia di popolazione.