L’Ecuador caccia Assange: verso l’arresto

    Julian Assange, il giornalista, informatico ed attivista fondatore della celebre piattaforma Wikileaks, sarebbe ormai è in procinto di essere arrestato. L’annuncio è stato dato proprio da Wikileaks, la sua creatura: infatti, l’ambasciata londinese dello Stato di Ecuador ha deciso di espellere l’attivista, pertanto è lecito attendersi che una volta uscito dalla protezione dell’istituzione diplomatica, Assange possa essere destinatario di procedura di arresto. 

    L’Ecuador caccia Assange: ombre su Moreno

    Questione di poco tempo, dunque: Julian Assange sarà cacciato dall’ambasciata dell’Ecuador a Londra. A dirlo è Wikileaks che riprende la notizia da fonti riconducibili al ministero degli esteri ecuadoriano. Le autorità britanniche, quindi, secondo WikiLeaks andranno ad arrestare Assange anche se, a quanto si apprende, potrebbe esserci già una sorta di accordo fra le parti. Infatti, nella sezione dedicata alla raccolta fondi della piattaforma Wikileaks, si ipotizza che la questione sia legata ad un’iniziativa di Lenin Moreno, il presidente dello Stato di Ecuador, a copertura del suo ricorrere ad uno dei tanti paradisi fiscali: una situazione che, secondo il post che tratta l’argomento sul sito, il presidente rischierebbe l’impeachment e sarebbe anche indagato. Nel frattempo, è stata richiesta l’estradizione di Assange negli Stati Uniti: il giornalista, attivista ed esperto di computer australiano deve rispondere dell’accusa per aver pubblicato email hackerate al partito democratico statunitense nel corso delle elezioni del 2016. Gli Usa si preparano a processare dunque il fondatore di Wikileaks, e Washington sta analizzando vari tipi di accusa contro Assange, su tutte l’ipotesi di spionaggio.
    L’idea più accreditata, comunque, per avere un quadro della situazione resta quella del coinvolgimento del presidente Lenin Moreno, che potrebbe aver scambiato Assange con un certo sconto sul debito, come sostiene anche il New York Times. Di contro, Assange è stato accusato da Moreno per aver più volte violato i criteri di di asilo politico nell’ambasciata ecuadoriana, dove dal 2012 era sotto protezione.