VATICANO – FRANCESCO BACCHETTA ‘GLI ARRAMPICATORI CHE VIVONO UNA CHIESA AFFARISTA, CHE DEVE INVECE ESSERE POVERA. I BENI SERVONO PER AIUTARE GLI ALTRI’

    papa_francesco.jpg (738×462)

    Una vera e propria ‘crociata’ all’indirizzo di una ‘casta’ sita all’interno della Chiesa stessa, quella che Papa Francesco continua a portare avanti pubblicamente. E anche in occasione della Messa celebrata in Santa Marta, il Pontefice ha ribadito che “La Chiesa è chiamata a servire e non a diventare ’affarista’’ poi, ha rimarcato nel corso dell’omelia un monito rivolgendosi a quanti, tra curati ed alti prelati che si comportano da ’’arrampicatori, attaccati ai soldi’’. Il j’accuse di Bergoglio ha preso dalla figura di Paolo che ’’si è donato tutto al servizio, sempre. Tradito da alcuni dei suoi finendo poi condannato. Anche nella Chiesa ci sono questi, che invece di servire, di pensare agli altri, di gettare le basi, si servono della Chiesa: gli arrampicatori, gli attaccati ai soldi. E quanti sacerdoti, vescovi abbiamo visto così. E’ triste dirlo, no?. La radicalità del Vangelo, della chiamata di Gesù Cristo è servire, essere al servizio di, non fermarsi, andare oltre sempre, dimenticandosi di se stessi – ha spiegato Papa Francesco –  E la comodità dello status: ho raggiunto uno status e vivo comodamente senza onestà, come quei farisei dei quali parla Gesù che passeggiavano nelle piazze, facendosi vedere dagli altri. Vi dico quanta gioia ho io che mi commuovo quando in questa messa vengono alcuni preti e mi salutano: ’Padre, sono venuto qui a trovare i miei perché da 40 anni sono missionario in Amazzonia’. O una suora che dice: ’No, io lavoro da 30 anni in ospedale in Africa’. O quando trovo la suorina che da 30, 40 anni è nel reparto dell’ospedale con i disabili, sempre sorridente. Questo – confida il Santo Padre – si chiama servire, questa è la gioia della Chiesa: andare oltre, sempre. Quando la Chiesa è tiepida, chiusa in se stessa, anche affarista tante volte, questo non si può dire che sia una Chiesa che sia al servizio, bensì che si serve degli altri’’. L’invito del Papa è a rinunciare ’’alle proprie comodità tante volte. Che il Signore ci salvi dalle tentazioni, da queste tentazioni che in fondo sono tentazioni di una doppia vita: mi faccio vedere come ministro – ha aggiunto concludendo Francesco – cioè come quello che serve, ma in fondo mi servo degli altri’’. Interessante poi l’intervista che il Pontefice ha rilasciato ad un giornale olandese di strada ’Straatnieuws’, riportata da Radio Vaticana, in cui ha ammonito i fedeli perché “se un credente parla della povertà o dei senzatetto e conduce una vita da faraone, questo non si può fare”. Per Bergoglio infatti i beni della Chiesa debbono servire solo a mantenere le “strutture” della Chiesa stessa, ma anche che per “tante opere che si fanno nei Paesi bisognosi: ospedali, scuole”, e che opere artistiche di inestimabile valore come la Pietà di Michelangelo, non possono essere vendute perché sono “tesori dell’umanità. Questo vale per tutti i tesori della Chiesa. Ma abbiamo cominciato a vendere dei regali e altre cose che mi vengono date”. Francesco torna sul sogno di mondo senza più poveri ma “la cupidigia umana c’è sempre, la mancanza di solidarietà, l’egoismo che crea i poveri. Per questo mi sembra un po’ difficile immaginare un mondo senza poveri”. Ma la Chiesa “deve essere povera perché Gesù è venuto al mondo senzatetto e si è fatto povero”. Quanto ai rapporti con la politica, il Pontefice tiene a sottolineare che con i governi “si possono fare accordi, ma devono essere accordi chiari, accordi trasparenti. Per esempio: noi gestiamo questo palazzo, ma i conti sono tutti controllati, per evitare la corruzione. Perché c’è sempre la tentazione della corruzione nella vita pubblica. Sia politica, sia religiosa”. Argomenti dei quali, Bergoglio confida di aver parlato con un ministro argentino “un uomo onesto. Uno che ha lasciato l’incarico perché non poteva andare d’accordo con alcune cose un po’ oscure. Gli ho fatto la domanda: ’Quando voi inviate aiuti, sia pasti, siano vestiti, siano soldi, ai poveri e agli indigenti: di quello che inviate, quanto arriva là, sia in denaro sia in spesa?’. Mi ha detto: ’Il 35 per cento’. Significa che il 65 per cento si perde. È la corruzione: un pezzo per me, un altro pezzo per me”.

    M.T.