‘CONCEDETEMI LA SUPERPERIZIA SUL DNA, NON HO UCCISO YARA: POTEVA ESSERE MIA FIGLIA’, L’APPELLO DI BOSSETTI

    Ad aprire il processo d’appello – come poi vedremo – sono state le dichiarazioni spontanee di colui che è alla sbarra come unico colpevole. I giudici sono in camera di consiglio da dove usciranno per pronunciare il verdetto sull’imputato Massimo bossetti. Ed il presidente della corte, Enrico Fischetti, non ha dato nessun tempo per la decisione (“Non abbiamo limiti” ha detto), a sarà lui a leggere il verdetto: conferma della sentenza di ’fine pena mai’, riforma parziale del primo grado – l’accusa chiede invece l’ergastolo con isolamento diurno per sei mesi -, assoluzione oppure perizia sul Dna, la traccia mista trovata su slip e leggings della 13enne attribuita a Ignoto 1 poi identificato in Bossetti il quale, è accusato di omicidio pluriaggravato e di calunnia nei confronti di un collega su cui avrebbe cercato di indirizzare le indagini. L’inchiesta è iniziata il 26 novembre 2010 – giorno della scomparsa della ginnasta a Brembate di Sopra (Bergamo) – fino all’arresto di Bossetti. Secondo il rappresentante dell’accusa Marco Martani, l’assenza del suo Dna mitocondriale “non inficia il risultato: è solo il Dna nucleare ad avere valore forense” Ma “Quel Dna non è suo, non c’è stato nessun match, ha talmente tante criticità – 261 – che sono più i suoi difetti che i suoi marcatori”, sostengono invece i legali Claudio Salvagni e Paolo Camporini che chiedono di risolvere l’”anomalia” con un accertamento alla presenza delle parti. E’ stata un’indagine certosina, che non ha tralasciato nessuna ipotesi, la cui prova scientifica “assolutamente affidabile”, per l’accusa va letta insieme agli altri indizi. Era il 26 febbraio del 2011, quando viene trovato in un campo di Chignolo d’Isola il corpo della 13enne, lì Yara muore dopo una lunga agonia, secondo i dati restituiti dall’autopsia. La difesa è invece convinta che Yara sia stata uccisa altrove come mostra una foto satellitare del campo. Ma contro Bossetti ci sono altri elementi: dal passaggio del furgone davanti alla palestra alle fibre sulla vittima compatibili con la tappezzeria del suo Iveco; dalle sferette metalliche sul corpo di Yara che rimandano al mondo dell’edilizia all’assenza di alibi. Indizi che la difesa respinge. Intanto nelle sue dichiarazioni, lette da vari foglietti, probabilmente pensieri usciti nel corso delle sue giornate da recluso, Bossetti ha esordito affermando che Yara, “Poteva essere mia figlia, la figlia di tutti noi. Neppure un animale avrebbe usato così tanta crudeltà”. E l’imputato tiene a rivolgere “un sincero pensiero all’unica vittima di questa tragedia: una ragazzina che aveva diritto di vivere. Io non confesserò mai un delitto che non ho fatto”, afferma Bossetti, sottolineando che, diversamente, confessando avrebbe potuto ottenere sconti di pena, ma “sono innocente. Il vero, i veri assassini sono liberi, stanno ridendo di me e della giustizia. Il delitto è opera di persone disturbate, schifose, sadiche. Nessuno ha chiesto la perizia psichiatrica per me perché altrimenti sarebbe emerso che sono una brava persona, non ho mai fatto male a nessuno. La violenza non fa per me, non è la mia indole, non sono un assassino, ficcatevelo in testa una volta per tutte. Sono arrabbiato, deluso, stanco di sentire chi mi accusa ingiustamente”. Poi, visibilmente scosso, ricorda il giorno dell’arresto “scandaloso. C’era bisogno di scatenare l’esercito? C’era bisogno di farmi inginocchiare? Perché avete agito così umiliandomi davanti ai miei figli, al mondo intero, perché? Mi avete trattato come un mostro, vergognatevi. In quel momento mi sono sentito come una lepre abbagliata, spaventata, accerchiata da tanti cacciatori”. E afferma con rabbia che il pensiero va al padre, allora malato, “sicuramente gli avete accelerato la sofferenza” , parole che commuovono la madre Ester, presente in aula. Poi Bossetti si commuove quando parla dei tre figli: “Voglio che i miei figli pensino: il papà è una persona onesta e merita la nostra stima”. Ed implora i giudici: “Concedetemi la superperizia sul Dna così posso dimostrare con assoluta certezza la mia estraneità ai fatti. Cosa dovete temere se tutto è stato svolto secondo le norme? Perché non consentite che io e la difesa possiamo visionare i reperti? Non posso essere condannato con un Dna anomalo, strampalato, dubbioso. Quella traccia non può essere mia. Non solo non ho ucciso Yara, ma non ho mai avuto un contatto con lei. Si è verificato un errore. Se fossi l’assassino sarei pazzo a chiedere la perizia, invece io non temo nulla. Vi supplico e vi imploro di fare questa perizia”. Ed infine l’appello alla corte: “Se tenete alla vita di una persone non tralasciate nulla, la mia vita non è più vita. La mia vita è nelle vostre mani, voi potete trovare la verità, non posso marcire in carcere per un delitto che non ho commesso”.
    M.