‘I PADRI FONDATORI NON ERANO DEI VISIONARI, FATTI GLI EUROPEI ORA BISOGNA FARE L’EUROPA’, IL PRESIDENTE MATTARELLA NEL SUO INTERVENTO STAMANE A MONTECITORIO

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    “I padri dell’Europa, che dettero vita ai Trattati, con il consenso democratico dei loro Paesi, non erano dei visionari bensì degli uomini politici consapevoli delle sfide e dei rischi, capaci di affrontarli”. Così stamane a Montecitorio, il Presidente della Repubblica,Sergio Mattarella, in occasione della celebrazione del sessantesimo anniversario deiTrattati di Roma. “I padri dell’Europa non erano visionari – ha spiegato il Capo dello Stato – A spingere i fondatori, all’inizio, fu una condizione internazionale di forte instabilità, caratterizzata da una competizione bipolare a tutto campo. L’Europa, Unione sovietica a parte, dopo il conflitto mondiale, si scopriva divisa e più debole. Il confine tra le due superpotenze passava nel cuore del Continente e l’avrebbe tenuta separata, a lungo, in due tronconi. Pochi anni prima i rischi di una terza guerra mondiale si erano manifestati con il blocco di Berlino e con la guerra di Corea. A stento, nel 1955, si riusciva a regolare la questione austriaca, sotto clausola di neutralità. Si sviluppava l’insurrezione dell’Algeria per l’indipendenza, conquistata da Tunisia e Marocco nel 1956. In quello stesso anno l’invasione dell’Ungheria e la crisi del canale di Suez. Con questa si chiudeva un’epoca e le potenze europee venivano liberate da residue illusioni coloniali. Quella situazione di fragilità poneva l’esigenza di ridare una prospettiva all’Europa. Serve coraggio e lungimiranza– ha quindi aggiunto Mattarella – Oggi l’Europa appare quasi ripiegata su se stessa. Spesso consapevole, nei suoi vertici, dei passi da compiere, eppure incerta nell’intraprendere la rotta. Come ieri, c’è bisogno di visioni lungimiranti, con la capacità di sperimentare percorsi ulteriori e coraggiosi. Mai facile cammino per integrazione. La spinta all’unità europea si è sempre rivelata, comunque, più forte degli arroccamenti e delle puntigliose distinzioni pro-tempore di singoli governi o di gruppi di Paesi, giocando un ruolo significativo anche nel contributo alla evoluzione delle relazioni internazionali. Se guardiamo alla strada percorsa – ha ricordato il Presidente – ci rendiamo conto di come non sia stato mai un cammino facile, sin dall’inizio. Negli annali, a rendere difficile il percorso dell’integrazione, fu dapprima la politica della ’sedia vuota’ della Francia, a metà degli anni ’60 del secolo scorso. Venne poi quella che il ministro degli Esteri tedesco Hans-Dietrich Genscher avrebbe definito ’eurosclerosi’ negli anni ’70, superata coraggiosamente, all’inizio del decennio successivo, per impulso italo-tedesco. Interprete, per il nostro Paese, il ministro degli Esteri Emilio Colombo, con il concorso di personalità quali il cancelliere tedesco Helmuth Kohl e il Presidente della Repubblica francese, Francois Mitterand; e dello stesso Presidente Usa, Ronald Reagan. Choc dei prezzi petroliferi, alta inflazione, ampia disoccupazione, i problemi che, in quel periodo, si dovettero affrontare, in un contesto internazionale segnato da un confronto particolarmente aspro fra i due blocchi. Nessun ritorno alle sovranità nazionali potrà garantire ai cittadini europei pace, sicurezza, benessere e prosperità, perché nessun Paese europeo, da solo, potrà mai affacciarsi sulla scena internazionale con la pretesa di influire sugli eventi, considerate le proprie dimensioni e la scala dei problemi”, ha affermato Mattarella. Nessun Paese europeo può garantire, da solo, la effettiva indipendenza delle proprie scelte. Oggi, come sessanta anni fa, abbiamo bisogno dell’Europa unita, perché le esigenze di sviluppo, di prosperità del nostro Continente sono, in maniera indissolubile, legate alla capacità collettiva di poter avere voce in capitolo sulla scena internazionale, affermando i valori, le identità, gli interessi dei nostri popoli. La pluralità di sensibilità, le posizioni politiche, le tradizioni nazionali presenti nell’Unione oggi, hanno portato qualcuno a interrogarsi se sia stato saggio procedere velocemente sulla strada dell’allargamento. Ma neppure l’Europa può permettersi di rinviare gli appuntamenti con la storia, quando essi si presentano, né possono prevalere separatezze e, tantomeno, amputazioni. Va, piuttosto, praticata e accresciuta la vicendevole responsabilità, la solidarietà nei benefici e negli oneri”, ha affermato ancora il Presidente della Repubblica. “Capovolgendo l’espressione attribuita a Massimo d’Azeglio verrebbe da dire: ’Fatti gli europei è ora necessario fare l’Europa’. Sono le persone, infatti, particolarmente i giovani, che già vivono l’Europa, ad essere la garanzia della irreversibilità della sua integrazione. Verso di essi vanno diretti l’attenzione e l’impegno dell’Unione. La soluzione alla crisi sui debiti sovrani e a quella sul rallentamento dell’economia non può essere la compressione dei diritti sociali nei Paesi membri. Tanto meno l’occasione di grossolane definizioni di Nord e Sud d’Europa. Le prove alle quali l’Unione europea è chiamata a tenere testa – oltre a quella finanziaria e a quella migratoria, quelle ai confini orientale e mediterraneo dell’Unione e l’offensiva terroristica – pongono con forza l’esigenza di rilanciare la sfida per una riforma dei Trattati; ineludibile, come ha osservato il rapporto del Comitato dei saggi presentato nei giorni scorsi alla presidenza della Camera”, ha poi detto Mattarella. “Le ambizioni del Trattato di Lisbona, oggi vigente, appaiono inadeguate – ha sottolineato il Capo dello Stato – rispetto alla natura e all’ampiezza delle crisi e anche rispetto all’obiettivo di giungere a una sempre più stretta integrazione continentale”.