‘L’ITALIA È ‘TARTASSATA’ DA UN CUNEO FISCALE CHE, COME ILLUSTRA LA CORTE DEI CONTI, ‘È 10 PUNTI OLTRE LA MEDIA DEI PAESI UE’. PADOAN FIDUCIOSO: ‘LA CRESCITA HA RIPRESO VIGORE’

    tasse-670x274.jpg (670×274)

    Chi lavora e, a fatica, paga le tasse, lo sa benissimo: in Italia si paga troppo. E da noi, rispetto alla media del resto dell’Europa, l’esposizione tributaria è di gran lunga più alta. Oltretutto, non aiuta il contrasto all’economia sommersa e la lotta all’evasione. Lo conferma – e sottoscrive – anche la Corte dei Conti che stamane, attraverso il presidente Arturo Martucci di Scarfizzi, ne ha riferito presentando l’apposito Rapporto 2017 sul coordinamento della finanza pubblica. “Il cuneo fiscale, riferito alla situazione media di un dipendente dell’industria – scrivono i magistrati contabili – colloca al livello più alto la differenza fra il costo del lavoro a carico dell’imprenditore e il reddito netto che rimane in busta paga al lavoratore: il 49% prelevato a titolo di contributi (su entrambi) e di imposte (a carico del lavoratore) eccede di ben 10 punti l’onere che si registra mediamente nel resto d’Europa. Anche i costi di adempimento degli obblighi tributari, che il medio imprenditore italiano è chiamato ad affrontare, sono significativi: 269 ore lavorative, il 55% in più di quanto richiesto al suo competitore europeo. Guardando poi alla tenuta del sistema tributario – osserva ancora la Corte dei Conti – se è indubbio che la politica fiscale ha impresso forti accelerazioni alla dinamica delle entrate, non sembra che essa si sia mostrata efficace nel rafforzarlo strutturalmente: in modo da sottrarlo ai vincoli che spingono a ricercare nuove fonti di gettito e, al contempo, porre i presupposti per una redistribuzione del prelievo nel quadro di una riduzione della pressione fiscale complessiva. Nonostante le incertezze iniziali – prosegue il report – l’andamento dell’economia sembrerebbe aver segnato un’inversione di marcia verso un’espansione meno fragile e più qualitativa. Il Pil nel corso del 2016 è cresciuto dello 0,9% a fronte di un negativo e non anticipato contributo delle scorte e di un andamento superiore alle attese degli investimenti (+2,9%), sia nelle ‘costruzioni’ che in ‘macchinari e attrezzature’”. Nel primo caso “si è finalmente usciti da una fase di recessione protrattasi per otto anni; nel secondo, si ha evidenza di una ripresa del processo di accumulazione non prevista in queste dimensioni e la cui assenza era stata comunemente indicata come il principale fattore di debolezza italiana. Al contempo, il rallentamento delle componenti estere della domanda si è rivelato meno pronunciato di quanto temuto e ciò con riguardo soprattutto alle esportazioni. Proprio nella prospettiva di medio termine – osservano ancora i magistrati contabili vanno evidenziate le sorprese positive nella dinamica di tali voci. Con riferimento agli investimenti, vi sono segnali che il combinato disposto delle favorevoli condizioni finanziarie e degli incentivi messi a disposizione dal governo stia finalmente sospingendo il recupero del saggio di accumulazione, gravemente deterioratosi durante gli anni della recessione”. Se ne evince quindi, illustra la Corte dei Conti, che il cammino verso il risanamento finanziario per il Paese “è reso più faticoso” da una dinamica del prodotto interno lordo meno pronunciata degli altri Paesi dell’area euro. Ma – alludendo alla strada fare ancora – considerando il maggior livello del debito, è necessario. Nella prospettiva storica e nel confronto con gli altri Paesi europei, lo sforzo di risanamento finanziario perseguito dall’Italia, reso necessario da un livello del debito elevato, prosegue o si attenua? Guardando al periodo intercorso dalla decisione di aderire alla moneta unica ad oggi il saldo primario rimane sempre positivo, ma si riduce progressivamente. La riduzione degli oneri per interessi – prosegue lo studio – ne compensa gli effetti sull’indebitamento, che rimane in prossimità del 3% del prodotto, la soglia fissata nel Trattato di Maastricht. Nel contesto di bassa crescita che ha caratterizzato gli anni più recenti e di un’inflazione ben al di sotto degli obiettivi delle Autorità monetarie, livelli del saldo primario più contenuti, uniti ad un costo medio che si mantiene comunque vicino al 3%, generano un ulteriore aumento del debito che, a fine 2016, arriva al 132,6% del Pil”. Tuttavia, secondo il ministro Padoan, “Siamo in una fase di transizione verso una crescita più robusta e sostenuta”. Intervenendo nell’ambito della presentazione del report illustrato dalla Corte dei Conti, il titolare del dicastero dell’Economia ha tenuto ed evidenziare come “nel 2016 la crescita ha ripreso vigore e i primi segnali dell’anno in corso sono molto incoraggianti”.

    M.