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    E se rispolverassimo il Protocollo Urbani? L’esperienza del medico che sconfisse la Sars

    Contro il rischio di una nuova emergenza per il virus, il Governo sta pensando a nuovi lockdown. Ma c'è chi invita a ricordare l'esperienza di Carlo Urbani, il medico che per primo in Indonesia "scoprì" l'epidemia del 2003 e diede la vita per salvare i suoi pazienti. Omaggio ad un eroe che sarebbe sbagliato dimenticare proprio ora

    È divenuto il problema del nostro tempo la “pandemia”. Siam passati dall’assillo nelle società Ancien Régime per il pane causa di carestia fame e morte, a quello oggi per l’Aria che inaliamo: molti medici hanno dato in prima linea anche la vita stessa all’Italia dei suoi tanti eroi. Nel cuore degli italiani non dimentichiamo certo questi veri e propri Eroi e anzi sarebbe bello seguire oggi l’esempio e salvare, oltre che la vita delle persone l’Italia stessa, la sua economia, la tenuta sociale, il nostro stile di vita e lo splendore delle nostre città d’arte, dei nostri paesaggi e delle nostre spiagge.
    L’epidemia della Sars ha un protocollo, è il “Protocollo Urbani”.  Carlo Urbani, è stato il medico italiano in prima linea nel Mondo, quando nel 2003 aveva individuato la Sars. La pandemia della Sars 2002-03 forse, è molto riconducibile all’attuale Covid-19? Questa valutazione spetta ai medici non è materia di dibattimento da cronaca televisiva dove, secondo un adagio popolare spesso, purtroppo, “son troppi i galli a cantare”. Urbani è stato un vero eroe, e disse “non venitemi a prendere, sappiate che io sono infetto…”.
    Detto in parole povere con i virus conviviamo almeno dal neolitico dalla notte dei tempi. L’inglese Jared Diamond in un saggio “Armi, Acciaio e Malattie – Breve storia degli ultimi tredicimila anni” edito nel 1997, tradotto in italiano da Luigi Civalleri per la casa editrice Einaudi., scrive che le epidemie apparvero con il passaggio dell’uomo dalla caccia e raccolta a uno stile di vita sedentario basato su agricoltura e allevamento.
    La co-abitazione con gli animali domestici ha causato la trasmissione di malattie infettive dall’animale all’uomo. Successivamente con alta densità di individui nelle città e le cattive condizioni igieniche hanno permesso la sopravvivenza di elementi patogeni. E con l’apertura di grandi rotte commerciali a partire dell’età di Roma, sede dell’Impero prima e capitale religiosa poi, si sono mantenuti i fattori fertili per la diffusione delle pandemie.
    All’inizio dell’Ottocento apparve la prima rivoluzione industriale, innovazioni tecnico-scientifiche continue hanno consentito oggi l’economia contemporanea e spezzare le carestie accompagnate da fame privazioni e malattie endemiche. Un percorso di crescita senza precedenti nella storia delle società umane altamente incivilite. Eppure non siamo fuori dall’apparizione ciclica delle pandemie. Solo lo studio del passato permette alle istituzioni politiche ed economiche dei Paesi, al decisore politico istituzionale e/o dal Comitato tecnico scientifico di esperti mettere in moto uno sforzo straordinario che sia condiviso e accettato dalla popolazione nella società in cui si opera.
    La storia sia nel divenire completata anche di ogni singola scelta, saper ascoltare, dato che è certo che gli effetti del Coronavirus sono destinati a durare nel lungo periodo. I proclami non servono che ad aumentare l’incertezza, se troppo si catalizza l’attenzione con i media il rischio che l’intero corpo del Paese decade come sta avvenendo, la tenuta stessa dell’economia, della società e tutte le implicazioni inerenti alla sanità della moltitudine e della salute psicofisica della persona.
    L’applicazione di una saggia e ponderata attenzione alla bisogna, non accanirsi sui grandi numeri di una massa informe, fatta di individui classificati alla maniera di numeri “comuni anonimi statistici”, bensì applicare discernimento da parte del medico di base che ascolta la persona e quindi l’anamnesi personale, o di un particolare luogo, ecco che il protocollo da seguire è inteso in senso largo, ha più applicazioni specifiche dello stesso protocollo alla luce della verifica sul campo dei risultati e evidenze proprie.
    L’evidenza scientifica del protocollo richiede vari passaggi nell’affrontare l’infezione, ma non è questo il tema centrale di queste poche righe sul ricordo del medico Carlo Urbani. Il tema è comunicare: questo eroe italiano è stato medico dell’OMS – Organizzazione Mondiale della Sanità e tra pochi giorni, il 29 marzo prossimo, sono 18 anni dalla sua scomparsa causata dalla Sars – Sindrome respiratoria acuta grave.
    Aveva solo 46 anni, è stato il primo medico dell’Oms ad aver identificato il primo  focolaio della nuova malattia, e aveva diagnosticato la sindrome in un uomo d’affari americano che era ricoverato ad Hanoi. Carlo Urbani in Indocina lavorava nel quadro della programmazione per la salute pubblica in Cambogia, nel Laos e nel Vietnam. La sua tempestiva informativa sulla nuova sindrome Sars aveva messo in allarme il sistema di sorveglianza globale definendo quindi i casi circoscritti, al fine di poterli isolare prima che il personale sanitario ospedaliero potesse esserne contagiato.
    La sua pronta lucidità e la sua esperienza è stata unica nella compagine di medici, assistenti e infermieri. Tanto che oggi si parla di Protocollo Urbani in caso di emergenza sanitaria. Il suo sacrificio limitò così il diffondersi del virus Sars – polmonite atipica – che causò oltre 8mila contagi e 775 morti accertati. Urbani rimase al suo posto di combattimento, in prima fila, tra i malati e continuando a seguire caso per caso i degenti. Rimase a sua volta contagiato e dopo un ricovero in isolamento a Bangkok di 19 giorni si spense a sua volta, nell’adoperarsi totalmente nella risposta che aveva dato da medico e da uomo nel compimento del suo lavoro e dovere.
    Nel 1999 il Nobel per la Pace venne assegnato a MSF, ed allora è stato Carlo Urbani che andò a ritirarlo in quanto presidente “MSF Italia”. Oggi, in suo nome, esiste l’AICU: Associazione italiana Carlo Urbani. Riconoscimenti che oggi ogni italiano e cittadino del Mondo intero dovrebbe ricordare con il dovere della memoria, nel silenzio del dovuto rispetto per la sua intelligenza pronta lungimiranza e capacità di abnegazione al dovere, in scienza e per la coscienza di uomo che ha dato il sacrificio della vita per stoppare sul nascere, fin da subito e in tempo nei pressi di un ospedale in Indocina una pandemia.
    Diciotto anni fa, tanto più oggi, è un dovere ricordare, che forse non abbiamo avuto la prontezza di agire nel segno del suo insegnamento. O forse non diamo ascolto a chi opera in silenzio con i suoi insegnamenti e linee guida.
    Marchigiano, era nato nel 1956 a Castelplanio, ed è scomparso il 29 marzo 2003 a Bangkok. Gli sono stati conferiti vari riconoscimenti, intitolati vari istituti, scuole, luoghi pubblici, parchi, strade, biblioteche ed ospedali in Italia e nel mondo, e onorificenze in Italia, la Medaglia d’Oro al merito della Sanità Pubblica il 2 aprile 2003 “Alla memoria del dottor Carlo Urbani” e il 12 maggio 2003 il ministro della Sanità del Vietnam conferisce alla sua memoria due medaglie, al medico Carlo Urbani, una per la “Sanità del Popolo” e altra medaglia dell’“Ordine dell’Amicizia”.