Manovra, Salvini Pace fiscale è nel contratto di governo

    La rottamazione è al centro del dibattito di queste ore ed il fulcro del consenso di Salvini e dunque di tutta la Lega per quella che è di fatto la decisione più importante del governo in queste ore. La manovra è partita, e il risultato è arrivato anche, se non soprattutto, per via del fatto che le rottamazioni delle cartelle esattoriali sarà effettiva. Il tutto senza pagare interessi e sanzioni, con la chance di una rateizzazione entro le 10 rate in cinque anni decisamente più efficace, dal punto di vista del contribuente, dei due anni concessi nelle due edizioni precedenti.
    Accordo anche per sciogliere i nodi e i problemi delle “mini” cartelle, ovvero sotto i mille euro del periodo 2000-2010: toccano ben dieci milioni di contribuenti e restava da capire se stralciarle del tutto senza dover metter mano.
    Occhio poi al reddito e pensioni di cittadinanza. Si parte: ma servono 9 miliardi con l’aggiunta di un aggiunto miliardo destinato al rafforzamento dei centri per l’impiego. Il provvedimento scatterà nei primi tre mesi del 2019. L’assegno da 780 euro. Il sostegno è erogato alla condizione di frequentare corsi di formazione e di prestare 8 ore a settimana di lavoro socialmente utile. Il reddito verrebbe meno dopo il rifiuto di tre offerte di lavoro, ma con una specifica “geografica”, con l’obiettivo di non penalizzare cioè chi non accetterà come prima offerta un’occupazione al di fuori della propria città o Regione.
    Si parla invece di quota 100 da febbraio per la riforma della legge Fornero per andare in pensione e partirà a febbraio, senza limiti e senza penalizzazioni. La valutazione per arrivare a 100 è composta in questo modo: 62 anni di età e 38 di contributi. Il costo è di 7 miliardi di euro e il meccanismo dovrebbe partire a febbraio.
    Sul piano delle tasse, invece, c’è il forfait del 15% per i professionisti con ricavi fino a 30mila euro e per le altre categorie con ricavi fino a 50mila euro. Poiché questo esisteva già, il target è quello di arrivare agli autonomi, alle Snc, Sas e Srl, con ricavi fino a 65mila euro. Dai 65mila ai 100mila euro si pagherebbe un 5% addizionale. Le start up e le attività avviate dagli under35 godrebbero di un supersconto al 5%. Il costo è di circa 600 milioni il primo anno e di 1,7 miliardi a regime. L’aliquota al 24% scenderebbe di 9 punti sugli investimenti in ricerca e sviluppo, in macchinari e in assunzioni stabili. Il costo sarebbe di 1,5 miliardi di euro. Dovrebbero essere anche confermati gli ammortamenti di Industria 4.0.
    Tutto questo prevede lo sforamento dello 0,2 del Pil, pari a circa 3,5 miliardi di euro. Per riuscirci l’obiettivo è sbloccare gli investimenti a livello locale tramite revisioni della soglia per gli appalti senza gara. Per legge i ministeri devono già operare tagli per un miliardo di euro l’anno. Lo sforzo richiesto potrebbe essere però ben superiore, pari a 3-4 miliardi. Promesso un taglio di 1,3 miliardi in tre anni spesi per l’immigrazione, di cui 500 milioni nel 2019.