Argentina, con Macri arriva l’Austerity

    Dimezzato il numero di ministeri e nuove tasse sulle esportazioni. Il presidente argentino, Mauricio Macri, lancia le prime misure draconiane per scongiurare lo spettro di un corralito, il grande crack che già nel 2001 ha portato l’economia del paese verso il basso. Lo fa con un discorso televisivo all’ora di cena, con milioni di argentini incollati allo schermo ad ascoltare scuotere la testa. Tutti si aspettavano misure forti e impopolari, ma pochi pensavano che lo stesso Macri sarebbe stato autocritico, ammettendo di aver fatto molte cose sbagliate nei suoi primi tre anni di governo di centro-destra. “Non possiamo spendere più di quanto guadagniamo”, ha spiegato Maurcio Macri. L’Argentina non ha altra scelta che tassare le sue esportazioni (specialmente farina di soia e suoi derivati, mais, grano che distribuisce in tutto il mondo). Le misure inizieranno dal primo gennaio: quattro pesos per ogni dollaro; i prodotti trasformati saranno invece colpiti con tre pesos per ogni dollaro. Ma l’ascia cadrà anche sul governo. “La metà dei ministeri”, ha annunciato il Capo dello Stato, “sarà abolita”. Non sono stati indicati come se anche le voci parlassero della fusione tra diversi dipartimenti e un drastico ridimensionamento del numero di dipendenti. “Il nostro approccio all’inflazione”, ha riconosciuto il presidente, “ha fallito, dobbiamo muoverci più velocemente”. L’iniziativa Macri mira a recuperare la fiducia dei mercati che potrebbero investire di nuovo nel paese; ma lo scontro con i sindacati e le organizzazioni sociali è inevitabile. Il governo spera di ridurre il deficit (ora 2,3 per cento) entro il 2019.