Battisti dietrofront: cosa ne pensano i familiari

    Battisti dietrofront: le reazioni dei familiari delle vittime tra rabbia e frustrazione: scuse tardive, niente sconti di pena. Battisti parla, fa ammissioni, prova a chiarire dinamiche che sembrano impolverate dagli anni ma, oltre che tra le righe della storia, sicuramente nella memoria e negli animi feriti a vita dei familiari delle vittime. Quali sono i modi in cui hanno reagito? Abbastanza logico presumerli. Le reazioni di figli e fratelli dei quattro uomini dietro la cui morte c’è, secondo le ricostruzioni storiche e le analisi degli inquirenti, il terrorista Battisti che è stato condannato e catturato dopo una lunga latitanza sono, chiaramente, abbastanza allineate su posizioni di frustrazione e rabbia. La rabbia è ad esempio il sentimento dominante di Maurizio Campagna: “Dice che all’epoca combatteva una guerra. Se sparare alle spalle a un ragazzo di 24 anni era una guerra…”, commenta senza lasciar completare l’ovvietà della sua deduzione. Si aggrega anche il figlio di Torregiani, che però fa trasparire un certo qual stupore circa le ammissioni di Battisti di queste ore: “Sono sorpreso, non pensavo ammettesse le sue colpe”.

    Battisti dietrofront: cosa ne pensano i familiari? Rabbia e delusione: “scuse fuori luogo e tardive”

    Quelle che vengono definite senza giri di parole come “scuse fuori luogo e tardive”. E che, secondo i parenti delle vittime, potrebbero nascondere velleità tutt’altro che votate al perdono, ma legate ad una precisa strategia di comunicazione e difensiva che induce loro a pensare che “ammettere i delitti sia solo un modo per avere indulgenza dai giudici”. C’è però anche un’altra profonda interconnessione emotiva, dietro le ammissioni di Battisti che si lega ad un antico desiderio: “che in carcere rifletta sul male fatto”.
    Battisti come è noto è un ex terrorista dei Pac, i Proletari armati per il comunismo, condannato in via definitiva per quattro omicidi: ben due dei quali commessi personalmente, mentre due in concorso: del maresciallo degli agenti di custodia Antonio Santoro, freddato a Udine il 6 giugno 1978, e del gioielliere Pierluigi Torregiani, di Lino Sabbadin, che militava nel Msi, uccisi entrambi da gruppi dei Pac il 16 febbraio 1979 e dell’agente della Digos Andrea Campagna, assassinato a Milano il 19 aprile 1978. Battisti si era sempre detto innocente ma, in queste ore, per la prima volta, ha ammesso le proprie responsabilità di fronte ai pm. “Le scuse adesso mi sembrano fuori luogo. Ritengo che il suo avvocato lo stia consigliando per avere riduzioni di pena. Non sono scuse veritiere, secondo me, l’unica cosa che pensa di ottenere è avere quelle riduzioni che hanno ottenuto tanti terroristi, compresi i componenti dei Pac”. A dirlo è Maurizio Campagna, fratello del compianto Andrea. “Battisti ha ammesso che all’epoca vedeva una guerra contro queste persone. Se sparare alle spalle a un ragazzo di 24 anni era una guerra… Io ritengo che era pura vigliaccheria, neanche terrorismo. Erano proprio degli omicidi effettuati da killer seriali quale erano Battisti e la sua combriccola. Le scuse, se dovevano essere fatte, dovevano essere fatte molto tempo prima, non ora che è stato portato in Italia. Battisti dal 2004 ha continuato a dire che era innocente e che non ha commesso questi omicidi, oltre ad aver deriso le nostre famiglie dicendo che non aveva commesso questi reati. Per me, per quanto riguarda la famiglia Campagna, eravamo certi che fosse stato Battisti ad uccidere mio fratello, in quanto il papà della ragazza ha riconosciuto Battisti dalle foto segnaletiche. Più volte era stato richiesto il confronto all’americana, cosa che Battisti ha sempre rifiutato perché sapeva che sarebbe stato riconosciuto.”
    Leggermente più moderato è Adriano Sabbadin, figlio di Lino, ucciso all’interno del suo negozio di macelleria il 16 febbraio 1979. “Per noi familiari è una buona notizia, questa ammissione di colpa da parte di Battisti, è un passo avanti, certo poteva farlo anche prima. Avevo detto già in passato che speravo che Battisti in carcere potesse riflettere sul male fatto, ora spero soltanto che non si tratti di una tattica per chiedere uno sconto di pena. Per noi non deve avere sconti di pena, ma deve scontare quanto gli è stato comminato, anche se ovviamente spetterà alla magistratura decidere. Io comunque sono fiducioso”, conclude.