CEMENTIFICAZIONE SELVAGGIA – LE COSTE ITALIANE STANNO SCOMPARENDO INGHIOTTITE DALLE COSTRUZIONI: IN 50 ANNI L’ESPANSIONE EDILIZIA HA ‘RUBATO’ 2MILA KM DI COSTA

    cemento-coste-italiane.jpg (594×396)

    Si fa un gran parlare della cementificazione delle coste (il più delle volte ad opera di scellerati e ‘graziati abusivismi), ma poi nella pratica si fa ben poco per arginarla. Così, come denuncia l’Istat, si evince che fra il 2000 e il 2010, nella fascia costiera entro 1 km dalla battigia (nei versanti tirrenico e adriatico) sono stati costruiti 13.500 edifici, 40 per ogni kmq; più del doppio sulla costa jonica. Impressiona scoprire che, negli ultimi 50 anni, lungo la nostra costa è sorta una barriera di cemento e mattoni lunga 2000 km. Ad oggi lungo il paese, i tratti di costa libera – più lunghi di 5 km – dal cemento e in buono stato di naturalità, , rappresentano appena il 23% del totale: messi tutti insieme arrivano a 1.860 km (isole comprese) sugli 8mila km circa di costa. Scorrendo la costa tirrenica dalla Liguria alla Campani – e quella Adriatica dall’Emilia all’Abruzzo, si scopre che l’indice relativo alla densità urbanistica, ha una media del 50 /60%. Oltre all’Istat, lo ‘scempio’ è racchiudo anche nel dossier “Italia: l’ultima spiaggia. Lo screening dei mari e delle coste della Penisola”, l’interessante studio realizzato dal Wwf grazie, in collaborazione con gli studi dell’Università dell’Aquila, condotti dell’equipe coordinata dal professor Bernardino Romano. Il dossier, avvalendosi anche di foto satellitari, comparando la situazione delle coste dal 1988 ad oggi, si evidenziano 167 interventi che hanno totalmente cambiato la morfologia della nostra fascia costiera, ebbene,  il 95% sono causati dall’espansione edilizia. Di questi, il 58,7% è rappresentato da strutture turistiche, il 19% da insediamenti residenziali, l’11% da infrastrutture portuali. Il dossier individua alcune zone da tutelare per il loro valore ambientale e paesaggistico. Sulla costa tirrenica, 16 segmenti più lunghi di 5 km, liberi dall’urbanizzazione, per un totale di 144 km (15 km tra Viareggio e Pisa, 20 km tra Grosseto e Orbetello, 15 km da Latina a Sabaudia, 12 km tra Camerota e San Giovanni Piro); sulla costa adriatica, circa 200 km (i più lunghi in Friuli Venezia Giulia, Marano Lagunare; in Veneto, 50 km tra Porto Viro e Goro; e in Puglia, 14 km lungo la costa del Lago di Lesina). Attraverso l’operazione ‘Rete Natura 200’, si è cercato di proteggere oltre 200 siti costieri, arginando così l’espansione edilizia attraverso l’istituzione tra l’altro di 100 parchi e riserve. In particolar modo, sul versante tirrenico, istituendo i parchi nazionali del Pollino e del Cilento, si è in qualche modo intervenuti bloccando il cemento costiero nel Sud Italia.  Come spiega il Wwf  le aree più ricche dal punto di vista ecologico da cui partire per salvare i nostri mari sono il Mar Ligure e Arcipelago Toscano; il Canale di Sicilia; Mare Adriatico settentrionale, ed Canale di Otranto Mare Adriatico meridionale. Dunque quali piani adottare per salvare il salvabile? Dal Wwf non hanno dubbi in proposito: istituire una moratoria della nuova edificazione nella fascia costiera, finché non saranno approvati i piani paesaggistici in tutte le Regioni, e il blocco dei rinnovi automatici di tutte le concessioni balneari, ma anche uno stretto coordinamento operativo tra ministeri, Regioni e Comuni per implementare la strategia nazionale marina e per fare del Santuario internazionale Pelagos un’area di effettiva tutela dei cetacei. Ci riusciranno? Il nostro augurio è che si possa pensare a d una costa bella e viva, e non – come accade per esempio nei dintorni di Roma fra Torvajanica e ed Anzio – storpiata da costruzioni e volgari casupole che privano i visitatori della vista del mare.

    M.