Convegno ANPIT: Roma deve tornare grande

    Quest’oggi, presso
    l’Hotel Universo, sito in via Principe Amedeo 5/b a Roma, si è tenuta la
    conferenza ‘Regione Capitale: economia, lavoro e condizione sociale nel Lazio’
    patrocinata da ANPIT (Associazione Nazionale per l’Industria e il Terziario);
    approfondimenti economici, sociali e studi sul mondo del lavoro nella Regione
    Lazio, curati da professionisti del settore, hanno accompagnato il dibattito
    politico finale.

     

    Stefano Parisi, Segretario Nazionale di ‘Energie per l’Italia’, durante l’evento ha
    dichiarato: “La situazione in cui versa
    Roma è drammatica a causa di problemi economico-finanziari e del degrado
    culturale che sta investendo la città. La legislazione di oggi è esclusivamente
    comunicativa. Il potere legislativo regionale sarebbe da abolire, l’autonomia è
    fondamentale se accompagnata dalla responsabilità. Nel Lazio c’è bisogno di
    pensare al futuro, sono necessarie adrenalina e nuove idee, rigenerando quindi
    entusiasmo agli imprenditori, ai giovani, ai servizi pubblici ed alle amministrazioni.
    Roma, per tornare ad essere grande, ha bisogno di un grande tessuto
    industriale: l’unico modo per creare occupazione è investire e tagliare le
    tasse
    ”.

     

    “Le manovre
    introdotte dal nostro Governo devono ancora entrare in vigore, abbiamo ereditato
    una condizione catastrofica. Saranno necessari altri mesi per rilanciare
    l’economia italiana. Prometto che, tramite ANPIT, porteremo le richieste del
    popolo italiano all’interno della Commissione Lavoro, che è la casa trasparente
    dei cittadini”
    ,
    sono state invece le parole rilasciate da William De Vecchis,
    Vicepresidente della Commissione Lavoro e previdenza sociale del Senato.

     

    Infine è stato Federico Iadicicco,
    Presidente Nazionale di ANPIT, a prendere la parola: “L’intervento sulle pensioni è stato positivo perché è stata fatta
    giustizia dopo la legge Fornero. Il lavoro non ha solo un valore economico, ma
    soprattutto antropologico: ciascuno di noi vive per essere impegnato, per
    produrre ricchezza relazionale e non solo finanziaria. Il salario minimo non è
    un intervento che serve a garantire rigidità del sistema, a superare la
    contrattazione collettiva o di secondo livello; al contrario, è utile per
    valorizzare la capacità negoziale delle parti.
    La degenerazione del sistema capitalistico ha comportato un
    cortocircuito sociale sul piano economico che ha generato in Italia la tendenza
    ad avere poche persone in grado di creare produzione. Vogliamo apportare un
    contributo a livello contenutistico: bisognerebbe ritrovare il dialogo e non
    vivere in contrasto. Ognuno di noi contribuisce al progetto di sviluppo e di
    crescita della storia di questo Paese”.