DA BUON ‘DITTATORE’ ARTISTICO DEL FESTIVAL HO CONTRIBUITO PERSONALMENTE ALLA SELEZIONE DEI BRANI

    ” Vorrei davvero che questo 68 fosse un numero guida. Pure ieri avevo il pass numero 68 e l’ho preso come un segno Credo che la Rai volesse dare con me un segno di discontinuità. Volevo concepirlo come un festival 0.0, né nel segno della tradizione né in continuità con gli ultimi. Ma questo è anche il festival numero 68 e mi piace pensare che in quello che stiamo costruendo ci sia anche un riferimento a quell’anno, che fu l’ultimo momento di un sogno comune”. Formato il cast ufficiale degli artisti che si susseguiranno sul palco dell’Ariston, Claudio Baglioni incontra i giornalisti per raccontare il ‘suo’ Festival, che porta la sua firma come direttore artistico, anche se, racconta divertito: “l’altro giorno un signore mi ha detto: ’complimenti per il suo ruolo di dittatore artistico’… Prima di capire che si era confuso ci sono rimasto male”. Un ruolo che inizialmente lo turbava, e non poco, “la paura e il fatto che non mi ritenevo all’altezza: qui si sta come i cavallerizzi, rischi di essere disarcionato. E poi volevo una libertà d’azione che quest’anno mi è stata garantita. E allora mi sono concesso questo lusso. Spero di arrivare in fondo indenne, sennò posso sempre fare l’architetto”. Riguardo il suo ruolo sul palco (da “sacrestano del festival”, scherza), ‘Cuccaio’ ‘giura’ che starà poco sul palco: “Solo ogni tanto”. Se poi canterà, risponde ancora scherzando: “solo canti sacri”, ma poi rassicura: “può essere utile per non far dimenticare che mestiere faccio”. Quindi, seguendo la sua riconosciuta ‘poetica metropolitana’, il cantautore romano definisce “musica e parole” le due “stelle polari” di questo Sanremo. “Voglio portare al centro la musica – ribadisce -Non ci saranno eliminazioni perché per me sono troppo violente e umilianti per chi le subisce ma il concorso che crea la suspance per il pubblico tv rimane. Non volevo un festival vetrina tv e autoreferenziale, non volevo un festival provinciale che deve ospitare divi hollywoodiani, pure se offrono performance non all’altezza”. Dicevamo il cast degli artisti in gara. Selezionare i 20 Big, assicura, è stato un passaggio duro, per il quale ha dovuto fare “diverse rinunce dolorose. Ieri sera ho mandato un messaggio a chi non era rientrato nella rosa. Un scelta un po’ paracula ma che mi faceva sentire a posto con la coscienza. Certo da oggi avrò un po’ di nemici. Le proposte arrivate erano più di 140 e che abbiamo cercato con coerenza quelle che ritenevamo migliori, con canzoni di vario genere ma tutte con interpreti che fossero riconoscibili, perché per gli esordienti ci sono le Nuove Proposte. non c’è il rap tra i Big perché i rapper affermati ancora vedono Sanremo come un mondo lontano. Forse se avessi avuto più tempo ne avrei convinto qualcuno”. E’ ovvio che riguardo a certe presenze, (sottolineando di aver avuto in merito un ruolo molto attivo, “ma non da eunuco!”), c’è anche la sua mano: “Agli Elio e Le Storie Tese ha chiesto io di venire a sciogliersi al festival. Mi avevano invitato all’ultimo concerto del 19 dicembre. Ho detto: visto che non avete scritto concerto d’addio, venite a dirlo a festival. Spero che siano gli unici a finire la carriera sul palco di Sanremo 2018. Non vorrei dover provare la stessa emozione anche io”. E Claudio ha ‘lavorato’ anche per metter su l’inedito trio Vanoni-Bungaro-Pacifico: “la canzone l’aveva presentata Bungaro ed era scritta con Pacifico – confida – Io ho detto che mi sembrava adatta ad essere cantata a più voci. Ho dato delle dritte, sono del mestiere. L’anno prossimo faccio 50 anni di carriera e qualche consiglio mi sento di darlo”. Poi Baglioni rivela che la Fondazione Dalla gli aveva consegnato un brano inedito di Lucio e lui, conoscendone le grandi affinità, ha pensato che l’artista più giusto al quale affidarlo fosse Ron, tra l’altro collaboratore ed amico storico dell’indimenticato cantautore bolognese. Infine, racconta di come abbia pensato sia ‘stimolante e divertente’, dopo aver invitato Facchinetti e Fogli al Festival, chiamare anche il Pooh Red Canzian, perché trova bello che, dopo 40 anni insieme, avessero la giusta maturità per sfidarsi giocosamente nella gara. Altro argomento, vista la sua straordinaria ‘frequentazione’ con la parte autorale, i testi delle canzoni ed il tema predominante: “come sempre quello più consueto è l’amore ma ci sono diversi pezzi su avventura e disavventura del vivere”, dice pensando ad Ermat Meta e Fabrizio Moro, che porteranno un brano che parla di terrorismo in maniera non banale, un po’ come si preannunciano già forti i testi di Avitabile e Lo Stato Sociale. A testimoniare la ‘validità’ del Festival, chiamato a comporre la giuria di esperti per la selezione delle Nuove Proposte, Piero Pelù ne tesse le lodi commentando che “Sembra di essere al concertone del primo maggio. Sono piacevolmente sopreso. C’è grande varietà di generi, manca solo il metal, ma c’è Meta – scherza – Per me avere i Decibel è il top. Mi preparo ad un’edizione davvero speciale”. Ovviamente, come da tradizione, aldilà dell’aspetto giustamente ‘musicocentrico’ della manifestazione, non mancheranno i comici “perché – afferma il direttore artistico – molti di loro hanno frequentazioni importanti con la musica o la sanno raccontare. Ci saranno delle interazioni divertenti”, annuncia mantenendo un velo di mistero, e dimostrando di avere già bene a mente ‘come muoversi’. Ora il prossimo appuntamento con ‘il resto’ del Festival (l’ufficializzazione di Michelle Hunziker, il co-conduttore maschile e il conduttore del dopofestival), il prossimo appuntamento è per la conferenza stampa del 9 gennaio
    M.