ENTRO 15 ANNI RADDOPPIERANNO GLI IMMIGRATI OCCUPATI IN ITALIA: 4 MILIONI CHE CONTRIBUIRANNO ALLA CRESCITA DEL PIL PORTANDOLO DAL 9 AL 15%, RIVELA L’UFFICIO STUDI DELLA CISL

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    Contrariamente a chi ne prelude invece economicamente conseguenze disastrose, un’indagine sull’immigrazione elaborata dall’Ufficio Studi Cisl, rivela invece l’esatto contrario: gli immigrati occupati in Italia, entro 15 anni raddoppieranno. Considerando gli attuali flussi migratori, spiega l’indagine, gli immigrati dagli attuali 2 milioni (10% del totale), diventeranno a 4 milioni (18%), invertendo di fatto una dinamica che dal 2010, per quel che riguarda la migrazione per lavoro, ha registrato un calo dell’84%. Se ne deduce quindi che il loro contributo al Pil crescerà dal 9% al 15%. In numeri, gli immigrati dovrebbero passare dall’8,2% del 2015 al 14,6% di cui, il 21,7% tra gli 0-14 anni, ed il 17,4% tra i 15-64 anni. Come spiegano ancora dall’Ufficio Studi della Cisl, attraverso una fotografia attuale sono 2.294.000 in Italia gli immigrati con un regolare contratto di lavoro; di questi 1.238.000 sono uomini ed 1.056.000 donne. Il 70% degli occupati lavorano come operai, con un reddito che, per il 40% degli occupati, è inferiore agli 800 euro mensili. Il tasso di disoccupazione è pari al 16,9%, a fronte di un’elevata crescita (1.200.000) di stranieri inattivi, composta per il 70% da donne. Per quel che riguarda le richieste di asilo, nel 2015 nella Ue (a 28 stati) sono aumentate del 110% passando da 626.960 a 1.321.600, con punte del 793,5% in Finlandia, 314,1% in Ungheria, 214,5% in Austria, 163,2% in Spagna, 135,1% in Germania, 100,1% in Svezia, 96,7% in Belgio, 83,8% in Ungheria, 83,6% nei Paesi Bassi, sino al 40% in Grecia ed al 30,1% in Italia che ha visto più che raddoppiare le domande nel 2014 rispetto al 2013. Per quel che nello specifico riguarda il nostro Paese, riceviamo in prevalenza profughi africani (dal Camerun, dalla Nigeria, dal Niger, dalla Repubblica Centrafricana ai porti libici di Zvwara, Zawiya, Tripoli, Sabrata o cirenaici di Bengasi dai quali si imbarcano per Lampedusa), che seguono la rotta centrale mentre, dalla rotta orientale (via Libia verso la Sicilia), immigrati dai pasi del Corno d’Africa: Uganda, Kenya, Somalia, Eritrea, Etiopia, Sudan, e Sud Sudan. Guardando poi nello specifico le nazionalità d’origine dichiarate al momento dello sbarco in Italia (dati del 21 luglio 2016), le percentuali indicano: Nigeria 17%, Eritrea 12%, Gambia 8%, Costa D’Avorio 7%, Sudan 7%, Guinea 7%, Senegal 6%, Mali 6%, Somalia 5%, Egitto 3%, altre 22%.  Numeri e dati che, suggerisce l’Ufficio Studi della Cisl, suggeriscono all’Europa di avviare con questi paesi “politiche di cooperazione, di scambi culturali, di formazione delle competenze professionali e dei gruppi dirigenti, di migrazioni circolari e reciproche”. Ne deriverebbe una politica precisa ed organizzata (controllando così all’origine, e gestendoli direttamente, i canali legali e sicuri di ingresso in Europa), atta a contribuire a fenomeni come quello dei trafficanti di migranti, attraverso l’attivazione di centri d’accoglienza, assistenza ed identificazione nei Paesi limitrofi a quelli investiti da guerre e catastrofi in collaborazione con l’Alto Commissariato dell’Onu per i rifugiati. Come tiene a sottolineare Giuseppe Gallo, responsabile dell’ufficio studi della Cisl, “L’Italia ha bisogno di una svolta complessiva nella strategia europea per affrontare con efficacia e con successo la sfida umanitaria dei rifugiati, ma anche il ritorno del nostro Paese ad una crescita stabile di lungo periodo. La gestione dell’emergenza di oggi –aggiunge Gallo – secondo la Cisl va pensata all’interno di una strategia di lungo periodo di investimenti e di cooperazione con i Paesi d’origine dei migranti per accelerare la riduzione entro limiti accettabili degli squilibri demografici e di reddito all’origine, insieme alle dissoluzioni istituzionali, dei processi migratori. Occorre una Governance globale in grado di intervenire a pacificare le 27 aree di conflitti e di guerre operanti nel mondo, “la terza guerra mondiale a pezzi” di cui ha parlato Papa Francesco”.

    M.