FALLUJA – L’EMERGENZA UMANITARIA INVESTE ANCHE GLI SFOLLATI, DOPO L’INFERNO DELL’IS ORA IN MIGLIAIA ALLO SBANDO SENZA CIBO, ACQUA E MEDICINE

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    E’ una situazione d’emergenza immane quella che riguarda gli sfollati di Falluja. Sono migliaia di famiglie irachene, riuscite a fuggire dalle barbarie e dalla ferocia del sedicente Stato islamico, che ha letteralmente polverizzato ogni ricordo di vita civile in questa città sita a 70 chilometri da Bagdad. Una fuga rischiosa, sotto le attente mitragliatrici dei miliziani che non esitano a far fuoco contro donne e bambini. Ed anche quanti riusciti a riconquistare una ‘parvenza’ di libertà, per loro la situazione non va certo migliorando: mancano acqua, cibo e farmaci. Tanti hanno attraversato l’Eufrate a bordo di zattere, di imbarcazioni di ’fortuna’. Almeno 13 persone sarebbero annegate solo negli ultimi giorni.Molti altri sono morti per fame o per sete o uccisi dalla ferocia dell’Is. “Ho rischiato la vita perché ero preoccupata per i miei figli e perché non c’era quasi più nulla a Falluja, né cibo, né elettricità, nulla di nulla”, testimonia Umm Bariq a un reporter del New York Times, ora che è al sicuro nel campo di Amiriyat Falluja, una struttura allestita dal governo a sud della città. Ma, anche qui, spiega la donna “mancano allo stesso modo cibo, medicine e acqua potabile: abbiamo bisogno d’aiuto”. Come rivalano i dati Onu, al momento almeno 50mila civili restano intrappolati a Falluja e tra loro ci sarebbero circa 20mila bambini. Far arrivare gli aiuti non è facile. Intanto le zone sotto il controllo del governo nella provincia di Anbar, a maggioranza sunnita, sono diventate una sterminata terra di sofferenza umana, scrive Tim Arango sul Nyt. Ovunque spuntano tendopoli, che offrono poco più di un riparo e dove non ci sono cibo, acqua e medicine a sufficienza, dove il caldo è terribile e non ci sono – nella maggior parte delle tende – ventilatori o l’elettricità per farli funzionare. “Semplicemente non ha senso aver investito così tanto in una campagna militare per sconfiggere Daesh e non garantire l’assistenza minima agli iracheni nel momento di maggior bisogno”, denuncia la numero due della Missione di Assistenza delle Nazioni Unite in Iraq (Unami), Lise Grande. Mancano soldi per far sì che l’Onu continui a dare assistenza a tutte queste povere persone. A inizio anno le Nazioni Unite hanno lanciato un appello per la raccolta di almeno 860 milioni di dollari per programmi umanitari urgenti in Iraq, purtroppo, ad oggi, è stato però raccolto appena il 30% del totale di cui si abbisogna.

    M.