Home ATTUALITÀ G8 Genova, da Binoche a Loach e Chomsky appello per no a...

    G8 Genova, da Binoche a Loach e Chomsky appello per no a estradizione Vecchi in Italia

    (Adnkronos) – Nuovo appello contro l’estradizione dell’ex no global Vincenzo Vecchi in Italia. A firmarlo questa volta sono dieci personalità: l’attrice francese Juliette Binoche, il linguista americano Noam Chomsky, il regista Luc Dardenne, la scrittrice Annie Ernaux, lo scrittore Pierre Lematire, il regista Ken Loach, il regista Volker Schlondorff, la filosofa Barbara Stiegler e lo scrittore Eric Vuillard. Nell’appello pubblicato su ‘Le Monde’ gli intellettuali chiedono alla Corte d’Appello di Lione, la cui prossima udienza è stata fissata al 24 febbraio, di respingere l’estradizione in Italia dell’ex no global ricercato per i fatti del G8 di Genova del 2001 e che era stato arrestato in Francia nell’agosto del 2019 dopo una latitanza di 8 anni.  

    “Vincenzo Vecchi è un attivista anti-globalizzazione che – si legge nell’appello – vive in Francia da dodici anni. Ha partecipato alle manifestazioni contro il G8 a Genova nel 2001, manifestazioni la cui repressione è stata così feroce che lo stesso capo della polizia italiana, qualche anno dopo, ha confessato casi di tortura. Tuttavia, in modo da condannare pesantemente gli attivisti anti-globalizzazione, la giustizia italiana ha fatto ricorso all’incriminazione per ‘devastazione e saccheggio’, risalente al periodo mussoliniano. La specificità di questa incriminazione – sottolineano – è che non richiede che l’imputato abbia commesso gli atti lui stesso, direttamente. È sufficiente che fosse presente sulla scena perché si costituisca una specie di infrazione collettiva. Si presume che la persona presente sulla scena di un reato abbia fornito supporto morale. E, anche se si tratta solo di danni a cose, le sanzioni sono poi molto severe. Così, per aver partecipato alle tumultuose manifestazioni che si svolsero a Genova più di vent’anni fa, Vincenzo Vecchi fu condannato in Italia a dieci anni di reclusione”, spiegano. 

    Nell’appello gli intellettuali evidenziano che nel corso della procedura che dura da tre anni e mezzo due Corti di Appello in Francia, quella di Rennes e di Angers, hanno respinto l’estradizione di Vecchi. “Ma, per due volte, il pubblico ministero, lo Stato francese, invece di accettare il verdetto delle sue autorità giudiziarie, ha preferito ricorrere in Cassazione contro la loro decisione”, rilevano. Tutta la vicenda, sottolineano, “ruota intorno a un punto essenziale del diritto: la doppia incriminazione. Prima dell’esecuzione di un mandato d’arresto europeo, ad eccezione di 32 reati espressamente previsti dalla legge, occorre accertarsi che il reato in nome del quale lo Stato di emissione del mandato rivendica l’imputato esista nella legge del Paese in cui il mandato deve essere eseguito. E l’incriminazione per ‘devastazione e saccheggio’, su cui si fonda la condanna di Vecchi, è una legge fascista italiana del 1930, per definizione incompatibile con la legge francese”.  

    Per questo, osservano, “nel novembre 2019, la Corte d’Appello di Rennes ne ha disposto la scarcerazione, adducendo l’irregolarità’ del mandato d’arresto europeo nei suoi confronti, ma tale decisione è stata ribaltata dalla Corte di Cassazione. Nel novembre 2020, la Corte d’appello di Angers, a sua volta, aveva giustificato il rifiuto di eseguire questo mandato d’arresto sulla base del fatto che l’accusa per la quale Vecchi era stato condannato in Italia non aveva alcun equivalente in Francia. Ma la sua decisione è stata respinta anche nel novembre 2022 dalla Corte di Cassazione, che ha deferito il caso alla Corte d’Appello di Lione”.  

    Nell’appello gli intellettuali rilevano che “la legge che condanna il signor Vecchi non è una semplice legge tra le altre: adottata sotto Mussolini, è una legge profondamente fascista, che lo stesso Mussolini definì ‘fascistissime’, ossia una legge essenziale per il consolidamento della dittatura. Consente di condannare qualcuno senza reali requisiti legali, per la sua mera presenza sulla scena di un reato, e si basa quindi su un reato collettivo volto a criminalizzare qualsiasi partecipazione a una manifestazione”. Nel caso di questa legge, aggiungono, “il suo estensore, il ministro di Mussolini e teorico del fascismo Alfredo Rocco, si compiacque che fosse risolutamente ‘contraria ai diritti umani’ e ‘contraria al codice penale francese’. Non potremmo essere più chiari. E’ dunque per l’applicazione di una legge così assolutamente contraria ai nostri valori che il governo francese, in nome della ‘collaborazione europea’, si ostina, contro i precedenti pareri di due corti d’appello, a consegnare ad un governo italiano, di simpatie apertamente mussoliniane, un militante antiglobalizzazione che vive pacificamente in Francia da 12 anni!”. 

    Nell’appello gli intellettuali sottolineano che “si tratta di sapere se si vuole o no partecipare all’applicazione di una legge mussolinana. Forse non condividiamo le opinioni anti-globalizzazione del signor Vecchi, ma non possiamo accettare che la giustizia francese, con i suoi fondamenti democratici, avalli una legge autenticamente fascista”. L’incriminazione per ‘devastazione e saccheggio’, in nome della quale l’Italia ora rivendica Vincenzo Vecchi, rilevano ancora, “è stata concepita in decisa opposizione alla Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, come un dispositivo chiave del suo nuovo codice in modo da annientare i nostri valori. Chiediamo alla Corte d’appello di Lione di giudicare questo caso in coscienza, come le due precedenti corti d’Appello, e di non consegnare Vecchi all’Italia. Chiediamo solennemente al Pubblico Ministero nel caso di un esito positivo di non ricorrere alla Corte di Cassazione. Tre corti di Appello possono bastare”.