Home POLITICA ESTERI George Floyd, al via il “processo del secolo”

George Floyd, al via il “processo del secolo”

Alla sbarra il poliziotto Derek Chauvin, accusato per la morte del 46enne afroamericano avvenuta a Minneapolis il 25 maggio scorso

Manifestazione in ricordo di George Floyd

É iniziato ieri a Minneapolis, in Minnesota, il processo nei confronti di Derek Chauvin, l’agente di polizia che, premendo a terra con il ginocchio il collo di George Floyd per oltre otto minuti, ha provocato il soffocamento del 46enne afroamericano. “L’America chiede giustizia, il mondo intero ci sta guardando”, ha detto Benjamin Crump, avvocato della famiglia Floyd. La prima udienza si è aperta con la proiezione del video della morte di Floyd. Nelle immagini mostrate dall’accusa, alcune già note altre inedite, è emersa una prima novità: Floyd fu soffocato per nove minuti e 29 secondi, non 8 minuti e 46 secondi come era stato divulgato in questi mesi.

In quello che sembra “il processo del secolo” (basti pensare cosa ha suscitato nel Paese la morte di Floyd) sarà dunque difficile, se non impossibile, per la difesa contenere il dibattito all’interno delle aule del tribunale. Nel processo, trasmesso in diretta tv e fortemente politicizzato, gli Stati Uniti sono chiamati a dover fare i conti con la loro storia, con il razzismo ricorrente e con il ruolo del corpo di polizia. Per dirla con le parole di Crump, il processo per la morte di Floyd è “un referendum sulla giustizia americana”. La famiglia di George Floyd sarà risarcita di 27 milioni di dollari dalla città di Minneapolis. Una preliminare ammissione della condotta dell’agente.

Tornando alle responsabilità personali, l’imputato è accusato di omicidio di secondo grado, omicidio colposo e di terzo grado. Chauvin rischia fino a 40 anni di carcere se dovesse essere accusato di omicidio volontario non premeditato. Ma la condanna potrebbe arrivare a 75 anni se condannato per tutti e tre i reati.

La comunità afroamericana, sospesa in una Minneapolis blindata, chiede una “pena esemplare”. La giuria, composta da dodici giurati anonimi, i cui volti non saranno mai inquadrati per motivi di sicurezza, dovranno rispondere a esigenze di imparzialità e giustizia. Date le premesse, qualunque sarà la sentenza e il suo effetto mediatico (non solo in America), dovrà essere interpretata e se ne dovrà occupare una “buona” politica.

Mario Bonito