L’Uruguay dice sì a Tabarè Vazquez- di Clarissa D’Artibale

    Tabarè Vazquez è stato eletto terzo presidente del Frente Amplio, la coalizione di sinistra al governo a Montevideo, battendo lo sfidante Luis Lacalle Pou del Partito Nazionale, Partito Blanco, con un vantaggio di oltre 10 punti nel ballottaggio che si è tenuto in Uruguay.

    Le ultime proiezioni alla chiusura dei seggi hanno dato a Vazquez circa il 53 per cento dei voti rispetto al 41 per cento di Lacalle Pou.

    Se i risultati finali confermeranno le proiezioni statistiche, Vazquez avrebbe migliorato il risultato con il quale era stato eletto dieci anni fa, nel novembre del 2004 -51,67 per cento-, senza superare però il 54,63 per cento ottenuto nel 2009 dal suo predecessore e compagno di partito, Josè “Pepe” Mujica che durante il suo mandato è diventato uno dei leader globali più noti e apprezzati, per il suo stile di vita austero e la sua schiettezza.

    Smentendo così le previsioni dei sondaggi, Vazquez, accompagnato nel ticket presidenziale da Raul Sendic, figlio omonimo del fondatore dei Tupamaros negli anni ’60, ha inoltre garantito al Frente Amplio la sua terza maggioranza consecutiva nelle due camere del Parlamento, un altro record storico, nelle elezioni politiche svoltesi contemporaneamente al primo turno delle presidenziali, lo scorso 26 ottobre.

    Questa vittoria rappresenta un risultato di proporzioni storiche per questo piccolo paese sudamericano e un notevole successo personale per Vazquez, oncologo di 74 anni, che è già stato il primo presidente della storia dell’Uruguay non proveniente dai “partiti tradizionali”, il blanco e il Partito colorado o rojo.

    La vittoria di Vazquez consolida così l’appoggio popolare a quell’esperimento della sinistra latinoamericana che è il Frente Amplio, che ha associato politiche di solidarietà e riforme di stampo progressiste con una politica economica rigorosa e ortodossa, mantenendo le distanze dal cosiddetto asse bolivariano composto da: Venezuela, Bolivia, Ecuador e Nicaragua, come dai governi “fratelli”del Brasile di Lula e Dilma e dell’Argentina dei Kirchner.