L’Agenzia delle Entrate a caccia di presunte prostitute

    Da tempo si discute circa gli obblighi fiscali delle prostitute che, secondo i “ben pensanti”, di fatto non avrebbero mai ricevuto un “codice attività” per mera ipocrisia del sistema. Anche se la Cassazione ha chiarito che “i proventi derivati dalla prostituzione sono tassabili e vanno indicati in dichiarazione alla voce redditi diversi” o “redditi di lavoro autonomo”
    Per “mancata presentazione della dichiarazione dei redditi”, scattano per le prostitute “sanzioni tributarie” e, qualora dovessero evadere più di 50mila euro, scatterebbe anche il procedimento penale per “omessa dichiarazione dei redditi”.
    Di fatto la Cassazione ha recepito l’orientamento diffuso nell’Ue, ovvero tassare le “massaggiatrici” come persone fisiche che percepiscono “reddito di lavoro autonomo”, e sia nel caso di attività abituale che in quello di “reddito diverso” (ovvero attività occasionale).
    Ecco che il fisco, attraverso le indagini di Guardia di Finanza, Polizia, Carabinieri e Polizia Locale sta cercando d’indagare sulle entrate di donne (anche di uomini e trans) che non risulterebbero titolari di contratti di lavoro, rendite (eredità e fitti) o attività commerciali, artigianali e professionali. Insomma il caso della classica bella donna apparentemente senza reddito, ma con appartamento elegante ed auto di lusso (o anche solo di recente immatricolazione) con tenore di vita alto (vestiti, vacanze, orologi…), che lascia supporre entrate da lavoro autonomo legato a prestazioni sessuali.
    Le forze di polizia dovranno indagare, per relazionare a Magistratura ed Agenzia delle Entrate, per dimostrare se c’è esercizio abituale dell’attività, e perché i proventi della prostituzione rientrano nella categoria dei redditi da lavoro autonomo. L’assenza di un vincolo di subordinazione e la retribuzione pagata direttamente dal beneficiario della prestazione, permettono che l’accertamento possa svolgersi solo attraverso il tenore di vita della prostituta. Anche perché la legislazione italiana non prevede che queste persone vengano regolarmente assunte da “aziende di piacere”, e perché tali imprese sarebbero per legge intermediari illegali, al pari del classico sfruttatore. Il reddito, in tal caso, è costituito dalla differenza tra l’ammontare dei compensi in denaro (o in natura) percepiti e quello delle spese effettivamente sostenute nel periodo di imposta. Se l’esercizio della prostituzione è occasionale (come nel caso di studentesse o giovani casalinghe dedite all’attività di “escort”) i proventi rientrano nei redditi diversi: il reddito, in tal caso, è costituito dalla differenza tra l’ammontare percepito nel periodo d’imposta e le spese specificamente inerenti alla loro produzione.
    Quindi la prostituta deve versare l’Irpef, ma non l’Irap essendo attività personale. Inoltre, essendo attività di lavoro autonomo, la prostituta è tenuta agli obblighi del versamento dell’Iva: in particolare ai fini Iva, l’attività di meretricio acquista rilevanza impositiva solo se è esercitata professionalmente e abitualmente. Secondo la Cassazione, tali presupposti non si attuano nei casi in cui gli atti economici siano realizzati in via meramente occasionale.
    Quindi, per fini contributivi, la legge stabilisce che le prostitute abituali sono tenute all’iscrizione presso la “Gestione Separata INPS”: in pratica, “attività di lavoro autonomo derivante dall’esercizio di arti e professioni”. Poiché la prostituta possiede redditi da lavoro autonomo, deve anche assolvere gli obblighi contributivi (compilare il quadro RR del modello Redditi e pagare i relativi contributi).
    Quindi la prostituta ha reddito di lavoro autonomo, e deve provvedere agli adempimenti fiscali che caratterizzano tale tipologia di reddito: innanzitutto la tenuta delle scritture contabili e la presentazione della dichiarazione dei redditi. In alcuni Paesi a questi libri andrebbe accluso (per motivi di controllo sanitario) il tipo di “rapporto” o di “massaggio” praticato al cliente: in quei paesi è normale e facile, visto che il cliente paga in anticipo alla cassa a seconda della prestazione, quindi presenta alla prostituta una ricevuta in cui è specificato il tipo rapporto pagato.
    Rcco che, vista l’imponibilità dei redditi derivanti dall’attività di meretricio, l’Amministrazione finanziaria può procedere a verifiche e controlli che, come di consueto, possono sfociare in un avviso di accertamento. E questi ultimi in autunno potrebbero già raggiungere molte belle donne di cui è ignota al fisco la fonte di reddito: accertamenti analitici, analitico-induttivi o induttivi.
    Anche perché il reddito dei contribuenti può essere determinato mediante indagini finanziarie, movimentazioni bancarie non giustificate che si presumono materia imponibile non dichiarata. In pratica, l’Agenzia delle Entrate può accorgersi dell’evasione tramite una verifica dei versamenti sul conto corrente. Ma in molti casi si procederà anche con i cani “antibanconota”, che scoveranno i “paradisi domestici” (soldi sotto il mattone) delle prostitute che evadono le tasse.