Lutto in casa Benetton: muore Gilberto a 77 anni

    Uno dei grandi nomi dell’imprenditoria italiana è venuto a mancare. Infatti è morto oggi all’età di 77 Gilberto Benetton che ha contribuito a rendere il brand dei maglioni internazionale. Però, prima del suo decesso, non ha potuto fare a meno di assistere all’ultima sciagura italiana, il crollo del Ponte Morandi di Genova, che lo riguarda da vicino, visto che Benetton è proprietaria di Autostrade Per l’Italia, a cui il governo ha lanciato pesantissime accuse. Gilberto Benetton ha combattuto a lungo contro un male che lo affliggeva da tempo ed è il secondo membro dell’illustre famiglia veneta che passa a miglior vita, dopo la dipartita di quest’estate di suo fratello Carlo. Qualche tempo fa dopo aver portato a termine l’operazione che conduceva all’ acquizione di Albertis da parte di Atlantia, che l’anno scorso lo aveva tenuto molto occupato, era arrivato in un secondo momento un brutto colpo, ovvero il decesso di suo fratello Carlo, stroncato in pochi mesi da un tumore. Gilberto, due anni più anziano rispetto a Carlo, ne era rimasto molto sconvolto e insieme a lui i fratelli Luciano e Giuliana. Un’altra batosta era giunta in agosto con il crollo del cavalcavia genovese. Gilberto, infatti, era l’unico membro della famiglia veneta a essere rappresentato nel consiglio di Atlantia, proprio per il suo ruolo attivo nella holding di partecipazioni. Lui aveva stretto un accordo internazionale con Florentino Perez per far nascere il più grande gruppo infrastrutturale d’Europa. Gilberto è sempre stato il più schivo e il più riservato della famiglia veneta. Non aveva tantissime amicizie, ma tante buone conoscenze nel mondo della finanza che ha sempre frequentato, pur non piacendogli. Un uomo parco, quasi timido, generoso e forte di carattere. Mentre i suoi fratelli giravano il mondo e facevano famiglie allargate, lui era rimasto sobrio anche in quello. Gilberto aveva due figlie (Sabrina e Barbara) e una moglie, Lalla, che è stata la compagna di una vita. Chi lo conosceva, lo descrive come una persona semplice, che nonostante tutto, viveva al di sotto delle proprie capacità e che ha sempre posto la famiglia al primo posto. Non era poliglotta ma se la cavava comunque con un sorriso smagliante e con un grande senso della praticità: quando nel 2011 ha ricevuto la legione d’onore dal presidente Nicolas Sarkozy – si dice – fosse molte emozionato. In Autogrill, di cui è sempre stato presidente e che è stata la prima delle partecipate della holding della famiglia veneta a diventare più grande all’estero che in Italia, impose che almeno un consiglio di amministrazione all’anno della società venisse fatto all’estero in una delle tante sedi dove operava il gruppo della ristorazione. Gli amici raccontano che si divideva tra Roma e Milano per gli affari di Edizione insieme al fidato e stimatissimo Gianni Mion. Ma anche con Mion, nonostante trent’anni e più di lavoro gomito a gomito, si davano del lei e il manager lo chiamava “Sior Gilberto”. Eppure quello con Mion era stato quasi un matrimonio e con l’uscita dello storico ad di Edizione, Gilberto aveva reclutato personalmente i nuovi manager, ritagliandosi un ruolo più defilato di vice presidente prendendo consapevolezza che anche per lui era finita un’era. “Non siamo mai stati bravi a tenere i rapporti con Roma – diceva Gilberto ai suoi fidati collaboratori – del resto siamo veneti”. E con l’orgoglio e la riservatezza dell’imprenditore veneto, Gilberto ha sempre frequentato poco i salotti romani ma non solo quelli. Si dice che avesse una grande ammirazione per Marco Tronchetti Provera, con cui ha diviso la disavventura in Telecom dall’inizio alla fine, ma anche quella in Pirelli e in Mediobanca.