Home ATTUALITÀ Morto Aldo Lado, maestro horror e regista di ‘Sepolta viva’

    Morto Aldo Lado, maestro horror e regista di ‘Sepolta viva’

    (Adnkronos) – Il regista e sceneggiatore Aldo Lado, che negli anni ’70 fu protagonista del cosiddetto cinema di genere affermandosi come uno dei massimi esponenti della cinematografia dell’horror all’italiana con successi al botteghino come “Sepolta viva” (1973), è morto nelle prime ore del mattino di sabato 25 novembre nella sua casa di Roma dopo alcuni mesi di malattia. Avrebbe compiuto 89 anni il prossimo 5 dicembre. La notizia della scomparsa è stata confermata all’Adnkronos da amici di famiglia. Aveva vissuto alcuni anni ad Angera sul Lago Maggiore e nel 2021 si era trasferito a Trevignano Romano sul lago di Bracciano. 

    Nato a Fiume il 5 dicembre 1934 e cresciuto a Venezia, noto anche con lo pseudonimo di George B. Lewis, Aldo Lado ha sceneggiato e realizzato una ventina di film per il grande schermo e altrettanti per la televisione. Ennio Morricone ha composto le colonne sonore di molti suoi lavori. Alcune sue pellicole sono diventati dei cult: “La corta notte delle bambole di vetro”, “Chi l’ha vista morire?”, “L’ultimo treno della notte”, “L’umanoide”. Da una decina di anni Aldo Lado si era dedicato anche narrativa pubblicando romanzi e racconti. 

    Dopo una serie di esperienze come aiuto regia di Maurizio Lucidi e Bernardo Bertolucci (“Il conformista”), la carriera registica di Lado iniziò con il thriller “La corta notte delle bambole di vetro” (1971) con Jean Sorel, seguito da “Chi l’ha vista morire?” (1972): ambientato a Venezia, narra di omicidi di bambine e misteri nascosti nel passato dei protagonisti. Sempre nel 1972 diresse “La cosa buffa”, tratto dal romanzo omonimo di Giuseppe Berto con Ottavia Piccolo e Gianni Morandi. Nel 1973 diresse “Sepolta viva” con l’esordiente Agostina Belli, Fred Robsahm e Maurizio Bonuglia, un esempio di melodramma dai toni horror in costume, che grazie a Lado tornò prepotentemente di moda all’inizio degli anni Settanta. 

    Dopo aver diretto “La cugina” (1974), tratto dal romanzo omonimo di Ercole Patti, con Massimo Ranieri e Dayle Haddon, Lado gira nel 1975 “L’ultimo treno della notte”, che si inserisce nel filone dei ‘rape and revenge movies’ ed è considerato uno dei più crudi e violenti film mai realizzati in Italia, interpretato da Flavio Bucci e Gianfranco De Grassi nei panni di teppisti. Nel 1979 dirige “L’umanoide”, un action fantascientifico fra “Guerre stellari” e “Frankenstein” che diviene un cult del cinema italiano di fantascienza. La sua filmografia si completa con “La disubbidienza” (1981), “Scirocco” (1987), “Rito d’amore” (1989), “Alibi perfetto” (1992), “Venerdì nero” (1993), “La chance” (1994), fino a “Il Notturno di Chopin” (2012). Negli anni ottanta si dedica a film per la tv come “Figli dell’ispettore” e “La città di Miriam” e poi ha proseguito principalmente come sceneggiatore.  

    In età ormai avanzata Aldo Lado si è dedicato alla scrittura. Il suo racconto “Il gigante e la bambina”, dedicato al cantautore Lucio Dalla, è contenuto nell’antologia “Nuovi delitti di lago” (Morellini Editore) uscita nel 2016 e segna il suo debutto nella narrativa. Nel 2017 ha partecipato all’antologia “Delitti di lago vol. 3” (Morellini Editore) con il racconto “Cold Case sul Lago Maggiore”. Dopo il successo del libro “I Film che non vedrete mai” (2017), ha fondato il marchio Edizioni Angera Films, con cui ha pubblicato: “Un pollo da spennare” (2018), “Hotel delle Cose” (2019), il giallo “Il Rider” (2020), “Storie di Donne: Miriam” (2020) e “Storie di Donne: Costanza” (2022). Con lo pseudonimo di George B. Lewis ha pubblicato il thriller “Il Mastino” (2018), vincitore del premio della Critica al premio letterario internazionale di Cattolica 2019 e del primo premio per romanzo edito al Premio Internazionale Giovanni Bertacchi di Sondrio nel 2020.  

    L’editore Bietti ha pubblicato “Aldo Lado” nei quaderni di cinema Inland (2019), mentre l’editore francese Le Chat qui fume “Conversation avec Aldo Lado”, frutto di una lunga intervista della giornalista Laure Charcossey (2020). 

    (di Paolo Martini)